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28
Dic

Giovani e politica, partiamo dai luoghi comuni

Uno tra i più radicati luoghi comuni sulle nuove generazioni è quello che le dipinge come distanti dalla e disinteressate alla politica. Naturalmente, come tutti i luoghi comuni, soffre il rischio della generalizzazione, per cui vale la pena entrare un po’ più dentro le pieghe del fenomeno. Ad allontanare i giovani non è la politica in senso nobile, ma piuttosto una certa diffusa allergia da parte delle nuove generazioni nei confronti delle strutture di partito, a prescindere dallo schieramento di appartenenza. Un fenomeno che merita di essere analizzato e compreso, perché non è soltanto endemico nel nostro paese, ma è ormai presente in tutta Europa.

Contrariamente al pensiero comune, i principali attori della “vita politica” in Italia ed in Europa sono proprio i giovani, che però scelgono di partecipare al di fuori delle strutture di partito e delle corrispondenti organizzazioni giovanili. Sembra un paradosso ma non lo è. Come è possibile?

Per capire come si conciliano le due cose è necessario, prima di tutto, chiarire cosa intendiamo per “vita politica” ed il perimetro di ciò che consideriamo “attività politica”: se risaliamo al vero significato del termine, aiutati anche dalla radice etimologica della parola stessa, scopriremo l’infondatezza dell’assunto che vuole le nuove generazioni lontane dalla politica e della retorica sui giovani “bamboccioni” o “choosy” (schizzinosi). L’origine greca del termine politica affonda le sue radici nella polis, la città, intesa non solo come luogo fisico e spazio urbano, ma soprattutto come comunità e struttura sociale. La politica, dunque, non è altro che il prendersene cura in senso ampio e sotto ogni forma, attraverso il suo governo, ma non solo. Aristotele ci offre la più calzante definizione di essere umano, come zoon politikon, ovvero animale politico, che per sua inclinazione naturale ricerca la vita di comunità e l’aggregazione, e persegue la felicità soddisfacendo la sua esigenza innata, al pari del nutrirsi e del respirare: la convivenza sociale. Queste, sempre per Aristotele, le caratteristiche che distinguono l’uomo da divinità ed animali che, invece, possono vivere isolati.

Cosa c’entrano idee e definizioni vecchie di qualche millennio con la distanza tra i giovani e la politica? Molto. Anzi, tutto.

Disegnare il perimetro di ciò che si intende con “politica” è il primo passo necessario a sfatare il luogo comune che vorrebbe i giovani poco inclini alla partecipazione e distanti dalla vita politica. Se per politica si intende soltanto la vita dei partiti e delle rispettive organizzazioni giovanili, allora non c’è nulla di più vero e numericamente tangibile della distanza abissale rispetto alle nuove generazioni e della crisi di una politica intesa in maniera restrittiva. Al contrario, se si pensa alla politica così come la pensava Aristotele, ovvero l’impegno nel prendersi cura della comunità, allora i giovani ne sono i veri e propri animatori, grazie al loro protagonismo nella rappresentanza studentesca, nelle organizzazioni di volontariato, nelle associazioni sportive, culturali e territoriali.

Non sono forse queste le realtà in cui si esprime la naturale propensione dell’uomo alla politica, intesa come cura della città intesa nella più ampia espressione?

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