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20
Nov

Si vende il quadro del Perugino e si affittano gli immobili a poco?

Mi trovo costretto a commentare, in qualità di Vice-Presidente della Commissione Cultura del Comune di Perugia, le recenti notizie apparse sulla stampa locale: trovo assurdo e preoccupante anche solo ipotizzare di vendere la tela del 1.500 di Pietro Vannucci detto il Perugino raffigurante San Girolamo penitente ed esposta a Palazzo del Priori da oltre 150 anni, custodita nella Galleria Nazionale dell’Umbria.

Sarebbe un pericoloso precedente quello di un ente pubblico, prestigioso ed antico come il Sodalizio San Martino, che sceglie di vendere un’opera d’arte dal valore inestimabile perché considerata “un bene non produttivo”.

SSan Girolamo penitente - Peruginoe nei secoli passati, che hanno caratterizzato questa istituzione cittadina volta alla beneficenza e fondata nel 1574 dai perugini per assistere “li poveri, infermi e vergognosi”, si fosse messo mano al patrimonio artistico con disinvoltura, c’è da chiedersi se il Sodalizio San Martino sarebbe riuscito ad attraversare i secoli per arrivare fino ai giorni nostri?

Sarebbe miope sottovalutare i debiti accumulati negli anni, stimati in circa 400 mila euro, che si vorrebbero ripianare con la vendita del quadro del Perugino. Proprio per questo viene da chiedersi come mai il primo bene che si è pensato di vendere dal patrimonio a disposizione dell’ente sia proprio un’opera d’arte esposta al pubblico dall’Unità d’Italia ad oggi nella Galleria Nazionale, e considerata come un bene comune. Ben più naturale e meno controversa risulterebbe la vendita dei numerosi immobili donati nei secoli dai perugini all’ente, magari ora soltanto affittati a prezzi modici o con contratti agevolati. Quelli sì, potrebbero essere considerati un “bene non produttivo” rispetto ad un’opera d’arte di pregio, patrimonio della città e dell’umanità.

Mi auguro che, almeno su questa sconcertante vicenda, Sindaco ed Assessori non rimangano nel loro ormai abituale silenzio, ma che uniscano la loro voce non a me, bensì alle più autorevoli parole di critica espresse dal direttore Marco Pierini e dalla soprintendente Vittoria Garibaldi.