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27
Gen

Giornata della Memoria – Per non dimenticare…

giornata-memoriaL’On. Furio Colombo ha scritto la Legge 211/2000, istitutiva del Giorno della memoria. E’ stato direttore de L’Unità ed è attualmente parlamentare del Partito Democratico alla Camera, ed è tra gli ultimi rappresentanti di quel giornalismo italiano che fu professionista e d’autore.

Laura Fontana: “Esiste, secondo lei, attualmente in Italia la coscienza di una memoria collettiva, che si rifà a quel passato tragico della nostra nazione (mi riferisco dal Novecento in poi). E se questa memoria collettiva esiste, è autentica oppure è qualcosa che viene continuamente “rimodellato” perché soggetto a strumentalizzazione politica?”

Furio Colombo: “La risposta alla seconda domanda dipende dalla prima e sulla prima credo di poter dire in modo abbastanza risoluto che, no, non esiste in Italia una memoria collettiva. La mancanza di una memoria collettiva ci distingue fortemente dagli altri paesi europei, dai francesi e dagli spagnoli, ad esempio: basti pensare all’importanza che ha avuto e ha tuttora nella loro memoria collettiva la Guerra civile spagnola rispetto alla Resistenza nella memoria collettiva italiana; basti pensare alla facilità con cui non appena ha cominciato a prevalere un’ambientazione di destra nella vita politica e pubblica italiana si è cominciato a rovesciare sulla Resistenza una serie di accuse e di elenchi di delitti compiuti. Il nostro paese ha una memoria collettiva che si basa su due livelli: quello del Risorgimento, che ha unito l’Italia in una sola nazione, e la Resistenza, che ci ha dato la costituzione, ed oggigiorno entrambi sono aggrediti, negati, frantumati e restituiti in pezzi alle generazioni più giovani. Dunque, siamo un paese in pericolo.

Laura Fontana: “Per la costruzione della memoria collettiva, che ruolo hanno svolto e svolgono i Mass media?”

Furio Colombo: “I Mass media hanno avuto un ruolo neghittoso. Avrebbero potuto farsi veicolo di una contraddizione a queste due tendenze, entrambe impastate di conformismo politico e sottomissione alla forza politica prevalente in questo momento ma non l’hanno fatto. Alcuni perché sono dipendenti strettamente dal potere politico di cui stiamo parlando,  altri per un naturale, quasi istintivo, conformismo ed anche per prudenza.

Laura Fontana: “Internet e i New media, invece, che contributo hanno dato e continueranno a dare alla memoria collettiva?”

Furio Colombo: “La mia fiducia nei New media ho cercato di spiegarla in un libro pubblicato nel ‘98 da Rizzoli che si intitola “Confucio nel computer. Memoria accidentale del futuro” nel quale spiegavo che la moltiplicazione di fonti di tutti i tipi  sarebbe stata immensa, ma la nuova disponibilità di circolazione comunicativa avrebbe creato una cultura ‘confuciana’, che è quella del gruppo che prevale sull’individuo. I vari individui che entrano in questo flusso di comunicazione tendono ad aggregarsi a gruppi e nel web tutto dipende a quel punto da come avvengono queste aggregazioni che sono casuali, rischiose ma anche splendide. Su Internet di può trovare tutto un meglio che non è mai stato disponibile in passato e tutto un peggio che, anche quello, non è mai stato disponibile in passato. Per quanto riguarda la memoria il discorso si complica, in quanto entrano in gioco una quantità di cavi coassiali di memorie individuali che diventano fasci di memoria, per interi periodi e zone della vita pubblica, che comprende e tracima quella privata e non si sa più dove saranno i limiti di questo fenomeno. Arricchisce immensamente le fonti di acquisizione dei materiali ma chiede a noi fruitori di essere infinitamente più astuti, colti, critici perché altrimenti ci travolge.

Laura Fontana: “La memoria della Shoah ha sempre incontrato ostacoli sul suo cammino a causa della sua indicibilità e dell’immane tragedia che è stata. La società in un primo momento, nel dopoguerra, ha preferito rimuovere e pensare alla ricostruzione; poi negli anni Sessanta con la pubblicazione di “Se questo è un uomo” ed altri libri di testimonianze vi è stata la riscoperta “della memoria della Shoah” fino ad arrivare alla sua istituzionalizzazione in Italia e in altre nazioni europee e mondiali. Quanto è stato fondante per l’odierna società la memoria della Shoah?”

Furio Colombo: “Voglio rispondere a questa domanda percorrendo un’altra strada. Intanto dico: ‘perché ho voluto essere io il promotore di quella legge?’. Vi è molto l’impronta del mio tornare in Italia da decenni di vita in America e il punto di riferimento per me è stato il modo in cui  ho notato come un paese pragmatico e  assolutamente non dogmatico come gli Stati Uniti tratta la questione della memoria (delle memorie in generale, prima ancora di parlare della Shoah). Ne fa un materiale di legame fra i cittadini assolutamente indispensabile. E’ “il legame” che determina la comunità americana e la memoria appunto, non ha valore se non è condivisa. Quando sono tornato in Italia mi sono accorto di qualcosa che d’altra parte mi era sempre stato chiaro quando vivevo in Italia e che avevo già scritto nella prefazione dell’unico libro americano dedicato allo sterminio degli ebrei italiani “The Italians and the Holocaust: Persecution, Rescue and Survival” di Susan Zuccotti. Nella prefazione di quel libro, (a quel tempo insegnavo alla Columbia University), ho scritto che, quando sono tornato al liceo di Torino, il grande liceo di quella città come lo è il Visconti a Roma, avevo come insegnanti praticamente l’intero Comitato di Liberazione nazionale, ossia tutti coloro che avevano partecipato alla Resistenza e nessuno ci ha mai parlato della Shoah. Quelli che erano sopravvissuti tornava in silenzio e si rimetteva in silenzio dentro la vita. Sono gli anni in cui Einaudi ha restituito a Primo Levi il suo libro perché non veniva riconosciuto, non veniva capito. Inoltre, il percorso della coscienza della Shoah in Italia è inversamente proporzionale al rapporto con Israele. Il primo rapporto che è venuto alla luce nella vita pubblica italiana, tra italiani ed ebrei, è stato contrassegnato dall’indifferenza: si è preteso che non fosse successo nulla. C’era un vuoto che non poteva continuare ad esistere e doveva essere riempito con qualcosa. Questo qualcosa avrebbe sì, finito per diventare istituzionale, celebrativo e automatico, ma  nel tempo avrebbe potuto produrre ulteriori risultati. Comunque, la prima volta ho presentato qui alla Camera la Legge sul Giorno della memoria, avevo indicato come giorno da ricordare il 16 ottobre, cioè il giorno della razzia degli ebrei romani dal portico di Ottavia nella notte tra il 15 e il 16 di ottobre, solo che alla fine è stato preferito il 27 gennaio perché poteva diventare una data mondiale. Ed in questo senso ho accettato, però malvolentieri, perché preferivo una data tutta italiana.

Laura Fontana: “A nove anni dall’istituzione del Giorno della memoria, è possibile fare un bilancio: quali obiettivi, che si proponeva la legge n. 211/2000, sono stati raggiunti e quanto ancora c’è da fare? Si dice che sul Giorno della memoria si sia poggiato “un velo di stanchezza”, intendendo con questo che l’istituzionalizzazione della memoria della Shoah abbia portato ad una sua “ritualizzazione” svuotata del significato originale. Cosa ne pensa di queste affermazioni? Se comunque si avvertono tali malumori da diverse parti dell’opinione pubblica, che soluzioni potrebbero essere attuate?”

Furio Colombo: “Allora, per rispondere alla domanda mi riallaccio al discorso precedente per dire che mi sono reso conto che il vuoto di memoria dal punto di vista della Shoah era particolarmente grave se avveniva a sinistra, cioè nella parte in generalmente antifascista, che aveva combattuto il fascismo e la persecuzione. Perché tutti ricordavano di aver combattuto il fascismo ma nessuno ricordava o si era scarsamente salvata la memoria dell’avere combattuto la persecuzione? Evidentemente, persino la nobile memoria della Resistenza si era sovrapposta alla memoria della persecuzione facendone una sorta di lavacro totale, cioè il paese si è messo a posto in quel modo la coscienza ed ha sistemato i suoi conti con il passato. Non bisogna dimenticare che l’Italia era uno dei due paesi che ha reso possibile le persecuzioni (e si ricava dalla lettura di libri non italiani sulla questione della Shoah). Senza l’Italia, la Germania non avrebbe potuto perseguitare gli ebrei in tutta Europa anche se l’Italia non aveva la stessa potenza. Però aveva lo stesso prestigio. Questa è la ragione per cui, quando ho fatto la proposta in Parlamento, ho sorpreso il Parlamento stesso, perché la legge veniva da sinistra. La destra preferita ignorare totalmente il problema e non occuparsene mentre la sinistra se occupava attraverso una sorta di antagonismo ad Israele. Io pur non essendo mai stato militante di alcuna sinistra, facevo però capo al Pds, poi Ds. Quando ho scritto la legge ero indipendente ma politicamente facevo parte dei Ds ed in questa aggregazione ha funzionato come una sorpresa il fatto di venir fuori con una legge di questo genere e, quindi, mi sono trovato con un certo disorientamento dalla mia parte con l’eccezione di pochissime persone, tra cui Veltroni e Fassino, ma per quanto riguarda gli altri erano abbastanza disorientati, forse persuasi che fosse una cosa sbagliata perché irritava tanti che votavano a sinistra. Quanto alla destra, era interessante l’obiezione, che è quella che mi ha poi dato la possibilità di raggiungere l’unanimità. Le obiezioni che venivano da destra erano diverse: da Forza Italia “ci sono i Gulag” un orrore spaventoso certo, e da An,  mi dicevano “ci sono le foibe” e non possiamo neanche dimenticare un orrore come le foibe, certo. La mia risposta allora è stata: “Dal seggio nel quale sono seduto oggi sto parlando a voi nei seggio in cui siete seduti oggi. In quegli stessi seggi erano sedute persone come noi, che hanno votato all’unanimità le leggi razziali in Italia, quindi stiamo parlando di un delitto italiano. Io non sono un deputato dell’ex-Yugoslavia che si debba occupare delle foibe, un fatto orrendo che da essere umano mi sconvolge, né dei gulag, un delitto contro l’umanità spaventoso, che fanno parte della storia e che d’altra parte non sono mai stati ignorati dalla storia a cominciare dalle rivelazioni fatte dai sovietici stessi, da Krushov. Quello di cui sto parlando e che non abbiamo mai riconosciuto è che c’è stato un enorme delitto italiano compiuto qui dentro; ecco perché vi chiedo di votare l’unanimità come è stata votata l’unanimità di quella legge”. “Noi  non cancelleremo nulla ma almeno lasceremo un segno ai più giovani sul fatto di esserci accorti che è stato un delitto italiano”.

“E questo, è stato il punto che ha agganciato Fini, e ha costretto Forza Italia ad unirsi e a quel punto la Lega non poteva tenersi fuori ed è nata quell’unanimità che poi è stata l’unica legge della 13esima legislatura ad ottenerla, la 5a-6a nella storia della repubblica. Ecco, nel farla, e qui arrivo al cuore della domanda, mi rendevo conto che sarebbe diventata come, quando ero bambino, le celebrazioni della grande guerra del 15-18, e come in seguito le celebrazioni della Resistenza, che ho visto appassire poco a poco, diventare sempre più cerimonia e sempre meno memoria. Resta il fatto che tutte le volte che c’è stato bisogno di richiamarne lo spirito, lo spirito della Resistenza c’era. Mi sono reso conto che per la stessa ragione per cui libri che hanno tenuto le classifiche e che hanno avuto un grande successo e continuano a vendersi anni dopo e per cui grandi film diventano classici, esiste l’importanza delle seconde file, delle terze, delle quarte file. Ossia c’è gente che arriva dopo e bisogna lasciargli il tempo di arrivare e se anche la prima può trovare ripetitiva la cosa, le secondo, le terze ne sentono parlare per la prima volta. Mi è capitato di essere invitato in luoghi, scuole e situazioni perfettamente cerimoniali ma mi è capitato anche di vedere di recente lavori scolastici assolutamente straordinari che non ci sarebbero stati senza questo spunto. E il Giorno della memoria diventa, così, da poco più di una ripetizione automatica ed istituzionale, una cosa vera, vivissima, persino drammatica. Poiché il paese ne era privo, poiché gli mancava un pezzo di se stesso, era doveroso riempire questo vuoto e se anche talvolta si rischia di cadere nella ‘memorialistica’ arriverà sempre qualcun altro capace di dare degna commemorazione a quella memoria”.

Laura Fontana: “A questo punto, però, forse si potrebbe migliorare qualcosa, non crede? Magari rivedendo la legge, o rivedendo i programmi scolastici…”

“Si ma come? Gli eventi della storia passano, si incattiviscono i rapporti politici. Il tutto richiederebbe un’atmosfera di maggiore inclinazione a ripensare i drammi e i tempi della storia e purtroppo non siamo in quella fase ma in una fase in cui il tormento è adesso, avviene qui, e disturba la vita, il futuro, il senso di sicurezza di un’infinità di persone. E’ difficile mettersi insieme oggi per cose del genere che in ogni caso riguardano tutti”.