Tutto un altro blog!

21
Lug

Intervento di CDA contro l’aumento delle tasse

2296503875_c02301f69f_bOGGETTO: Dichiarazione di voto punto 5 – Determinazione tasse e contributi studenti

In questi giorni l’Università di Bologna ha dimezzato le tasse agli studenti meritevoli che hanno la media di 28/30esimi. A Genova le matricole che hanno conseguito 100 alla maturità non pagheranno la prima rata delle tasse, inoltre avranno un premio profitto tutti gli studenti che hanno conseguito l’80% dei crediti necessari a passare l’anno, mentre i laureati sia alle triennali che alle specialistiche avranno un bonus tra i 300 e i 500 euro. Gli atenei romani attivano borse di studio da 5.000 euro, mentre addirittura l’Università dell’Aquila, che attraversa una situazione decisamente più difficile della nostra, riesce a finanziare l’acquisto dei libri per i suoi studenti più capaci.

Noi ci troviamo qui a valutare un mero aumento delle tasse, senza alcun tipo di concertazione o pianificazione di lungo periodo, senza alcun piano di rilancio o coinvolgimento degli studenti.

Da parte nostra non vi è stata alcuna preclusione al dialogo. Ci siamo dimostrati una forza matura ed aperta alla mediazione, non abbiamo detto di no a priori. Non abbiamo neppure tenuto una posizione di chiusura o radicale, né messo dei veti. Ritenevamo fosse la strada più facile, ma anche meno utile agli studenti. Ci eravamo fatti carico dello sforzo di comprendere il problema ed avevamo avanzato semplicemente una serie di richieste legittime, ovvero:

Che venisse messo in campo un piano di razionalizzazione delle spese dell’Ateneo, delle Facoltà, dei Corsi di Laurea e delle varie sedi distaccate, riducendo così gli sprechi e rendendo minimi i fondi da reperire dalle tasse studentesche o dai finanziamenti esterni.

Che si controllasse al meglio l’evasione e l’elusione fiscale che non sono un sintomo o un’aggravante, bensì la causa originaria del problema della tassazione studentesca. In particolare con controlli a campione più severi e con l’utilizzo dell’ISEE al posto dell’ISEEU così da poter fare delle verifiche incrociate con altre agenzie.

Che fosse rispettato il piano triennale concordato con l’amministrazione e sottoscritto dal Rettore in cui si vincolavano gli eventuali aumenti progressivi delle tasse al miglioramento dei servizi agli studenti. In particolare che l’aumento della tassazione sia legato alla strutturazione di nuovi servizi in grado anche di attrarre ulteriori matricole creando un circolo virtuoso.

Che l’aumento fosse ridiviso in senso proporzionale tra le varie fasce di reddito, con aumenti più alti per i redditi più alti e aumenti più bassi per i redditi più bassi.

Che si dividessero le tasse in quattro rate anziché tre e che fossero tutte simili e non alcune molto più pesanti ed altre molto più leggere.

Che fossero mantenute le 20 fasce di reddito progressive per arrivare fino agli 80.000 euro di reddito. Con la possibilità di introdurre un’ulteriore fascia contributiva per quelli che si rifiutavano di presentare l’ISEEU tenendo nascosto il proprio reddito.

Per ogni singola richiesta è stata messa in campo un’azione esattamente contraria:

L’aumento delle tasse non è stato vincolato ad un miglioramento dei servizi già esistenti, bensì il capitolo di bilancio dedicato agli studenti è stato più che dimezzato. In particolare le borse di studio passano vengono tagliate di 15.500.000 euro, le 150 ore passano ad essere da 440 a 200 con un taglio di 310.000 euro, la mobilità e gli scambi vengono tagliati di 487.000 euro, i fondi per le iniziative culturali e sociali perdono 400.000 euro e le spese per le attività sportive vengono ridotte di 135.000 euro. Si avvicina ad essere un bollettino di guerra.

Logicamente essendo stati diminuiti e peggiorati i servizi già esistenti, non sono stati di certo introdotti nuovi servizi utili a qualificare il nostro ateneo ed attrarre nuovi iscritti interessati ai nostri standard di servizio.

L’aumento delle tasse non è stato suddiviso in modo proporzionale tra i redditi, in modo tale da far contribuire di più i redditi più alti e di meno i redditi più bassi, come indicherebbe il buon senso. Bensì gli aumenti più sostanziosi sono suddivisi tra i redditi medio-bassi, si arriva fino a 400 euro di aumento per chi ha un reddito tra i 20.000 e i 21.000 euro, mentre chi guadagna sopra gli 80.000 euro ha un aumento di circa la metà ovvero 200 euro. Quindi si aumentano di più del doppio le tasse a chi guadagna un quarto degli altri, come se a parità di condizioni una persona pagasse più di 8 volte rispetto ad un’altra, senza alcun criterio logico. Non vorremmo fare richiami altisonanti ai principi della Costituzione o alla giustizia sociale e fiscale, ma quanto meno permetteteci di appellarci al buon senso.

C’è una profonda ed inaccettabile sproporzione tra le varie fasce di reddito. Pensare che chi guadagna 40.000 euro paga solo 200 euro in meno rispetto a chi ne guadagna più di 80.000 (e nel più sono compresi anche i milionari!) è assurdo. Può esservi una differenza di soli 200 euro in un divario economico di 40.000 euro? Senza contare che nel grafico il rapporto tra tassazione e reddito cresce nelle fasce medio-basse per poi ridursi in quelle alte. Questo vuol dire che facendo la debita proporzione tra le varie fasce e la tassazioni applicata risulta che chi ha di più paga di meno e chi ha di meno paga di più. Il che è anche visibile ad occhio nudo dalle tabelle in cui si riporta sia le tasse totali che gli aumenti previsti in rapporto con i redditi. C’è una differenza ridottissima tra chi guadagna poco e chi guadagna molto, ma tutta in favore di chi guadagna di più. Infatti se per chi ha un reddito superiore agli 80.000 euro una tassazione per uno o più figli di 1.684 euro è facilmente ammortizzabile e sostenibile, per chi ne guadagna 20.000 mantenere agli studi uno o più figli con una retta da 1.026 euro non è sostenibile. Soprattutto se si pensa che lo scorso anno pagava soltanto 627 euro ( con più del 60% di aumento!) ed ha avuto un rincaro di circa 400 euro. Non è sostenibile, soprattutto a fronte di una crisi economica e delle difficoltà in cui versano le famiglie che a fatica arrivano alla fine del mese. Vuol dire far lavorare i genitori di uno studente per dei mesi solo al fine di saldare i conti con l’università. Vorrei ricordare a tutti che in questo consiglio trattiamo di numeri, ma dietro ai numeri ci sono sempre delle persone con la loro vita, le loro speranze e i loro sogni. Quando votiamo, votiamo anche sulla loro pelle.

Le fasce di reddito passano da 20 a 10, dopo essere state cambiate qualche mese fa da 7 a 20. Questo perché sono stati fatti degli errori contabili che hanno sballato i calcoli. Avevamo i dati di partenza, ma non quelli di arrivo, quindi sono state commesse delle imprecisioni. Ora ci troviamo a fare un cambio che ci riporta alla stessa situazione, avendo i dati di partenza non sappiamo quale sarà la situazione di arrivo e rischiamo di fare di nuovo gli stessi errori che porteranno alle stesse imprecisioni contabili e a dei conti sballati. Riteniamo sia necessario mantenere le 20 fasce di reddito ed evitare ulteriori errori, avendo così già il polso della situazione e un quadro chiaro di riferimento con i dati degli iscritti nelle varie fasce.

Data la situazione viene da chiedersi se lo sforzarsi per collaborare e dialogare in maniera seria e matura sia controproducente, invece che utile.

Se la volontà dell’amministrazione con questi provvedimenti di aumento delle tasse è di riparare ai danni causati da errori materiali nella previsione dei fondi, tagli del governo a livello nazionale, ammanchi causati dalla diminuzione delle iscrizioni e dall’abbandono degli studi da parte degli iscritti non ci sembrano provvedimenti utili a prendere adeguate contromisure ai problemi, né nel metodo adottato, né nel merito delle scelte.

Di fronte alla chiara volontà di far chiudere le università pubbliche, vissute come un sassolino nella scarpa da forze economiche e da parti politiche, attraverso la mannaia dei tagli indiscriminati e della spinta alla privatizzazione dobbiamo essere capaci di fare fronte comune. Non si può pensare che la crisi la inizino a pagare gli studenti, passi per i ricercatori e la finiscano di pagare i precari. È una visione miope e riduttiva della situazione.

Con un malanno così grave non servono palliativi, bisogna avere la lucidità di fare una diagnosi difficile e di mettere in campo una terapia d’urto. È necessario ripensare il nostro assetto interno e rivedere il nostro status, l’Università degli Studi non può accontentarsi della mera sopravvivenza. Sopravvivere non serve e non può durare. È necessario rimboccarsi le maniche e rilanciare il nostro ateneo. Tutti. Insieme e compatti.

Non può passare la logica del “dividi et impera”. C’è la volontà di mettere gli uni contro gli altri e di farci rientrare tutti negli stereotipi dell’immaginario comune: professori baroni, studenti fannulloni, personale nullafacente, dottorandi raccomandati. Dobbiamo trovare la forza di rifuggire i luoghi comuni e fare squadra.

Per questo riteniamo che le nostre proposte siano proposte valide e vadano ascoltate. Non scaricate sugli studenti tutto il peso della situazione. Il rischio è più alto di quello che abbiamo preventivato. Molte famiglie stanno compiendo sforzi disumani per mantenere i loro figli agli studi, ma con aumenti così ingenti, soprattutto nelle fasce medio-basse, in molti abbandoneranno gli studi e noi avremo fallito la nostra missione formativa. Per non parlare dei tanti studenti fuorisede che scelgono il nostro ateneo per l’unione di buona qualità ad un costo ragionevole ed un ottimo livello di qualità della vita e vivibilità del territorio. Questi rimarranno negli atenei “sotto casa” che, seppur offrano una bassa qualità, hanno una retta praticamente irrisoria (in media 260 euro annuali), senza spese per il mantenimento del figlio fuori casa, e il valore legale del titolo di studio è identico al nostro. Il rischio è di aver confuso la causa del problema con la sua soluzione, di pensare che aumentare le tasse (soprattutto in questa maniera!) rimetta in sesto i conti senza alcuna conseguenza. Per poi trovarsi il prossimo anno con un ancora più forte calo di iscrizioni rispetto a quello già preventivato e di nuovo nella situazione critica di partenza.

La nostra richiesta è quella di sempre, rimettiamoci mano e rivediamo la situazione con i criteri che abbiamo elencato sopra e che non sono stati rispettati. Se questa richiesta non sarà accolta abbiamo già spiegato perché voteremo contrari e agiremo di conseguenza.

Consigliere di Amministrazione

Tommaso Bori