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31
Lug

OLIVIERO: “Il Governo scopra le carte, dica se vuole la privatizzazione dell’Università“

maurizio-olivieroCREDO che questo Governo debba essere chiaro una volta per tutte e dirci che tipo di Università vuole. A quel punto potremo tutti ragionare e muoverci in una certa direzione“.

Tocca a Maurizio Oliviero, amministratore unico dell’Adisu (l’Agenzia per il diritto allo studio) analizzare la bocciatura dell’Ateneo perugino da parte del Ministero dell’Istruzione. «Mi pare sia in atto un tentativo che in qualche modo alluda a una `privatizzazione’ delle università. Ma allora si dica con chiarezza: gli atenei devono muoversi e rapportarsi con i privati. Sarà più semplice per tutti»

LA RIFLESSIONE è approfondita: «Non nascondiamoci insomma dietro a un dito. Non sono certo uno di quelli che difende le zone paludose del mondo accademico – spiega – Ma è anche vero, ad esempio, che a Perugia ci sono punti di eccellenza elevatissimi, ricercatori di cui pochi hanno la percezione del valore e della valenza». Oliviero analizza i criteri di valutazione per ottenere fondi ministeriali, sui quali nutre delle perplessità notevoli. «Non ho diffcoltà a dire – riprende – che, ad esempio, ci sono punti della riforma della scuola disegnata dal ministro Gelimini, che a mio avviso funzionano. Ma quando mi parlano di produttività didattica delle «Vogli università, e cioè del rapporto tra matricole e gli esami che riesco- guardar no a completare alla fine del pri- o bada mo anno, delle perplessità le ho. Non si può pensare cioè di essere rigorosi nella formazione degli studenti e allo stesso tempo di promuoverli tutti, altrimenti il parametro non si rispetta. E’ una logica che definirei cattiva. Ma che risale addirittura alla riforma-Berlinguer. Anche qui la domanda è: vogliamo una università di soli numeri o di selezione? Cioè, sono una buona facoltà perché promuovo quasi tutti o perché ci sono docenti che fanno un certo tipo di ricerca?»

L’AMMINISTRATORE unico dell’Adisu arriva poi proprio al capitolo della ricerca: «Chi la valuta? Chi verifica come sono stati spesi i soldi che arrivano, anche qui ci sarebbe tanto da discutere». E infine il amo solo terzo punto in questione: quello del rapporto tra il numero dei laue i numeri reati prodotti da un ateneo e colore anche ro che trovano un lavoro dopo la laurea. «Perugia è una realtà autoctona in qualche modo. Molti degli studenti che provengono dal Sud, una volta terminati gli studi, se ne tornano al paese d’orgine alla ricerca di un impiego. Diverso è il discorso per realtà come Milano, dove il numero dell’offerta di laureati è alto così come quello della domanda. Per questi motivi credo serva una riflessione accurata»