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15
Dic

Ordine del Giorno sui provvedimenti del Ministro Gelmini e le ricadute sulla città di Perugia ed i suoi poli culturali

VISTO: perugia-gelmini-1

- L’allegato 1: SCHEDA TECNICA – Legge 6 agosto 2008, n°133 – “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”

- L’allegato 2: LEGGE 133/08 – SCHEDA RIASSUNTIVA

- L’allegato 3: Mozione approvata all’unanimità dal Consiglio della Facoltà di Scienze MM. FF. NN. nella seduta del  15 ottobre 2008

- L’allegato 4: SCHEDA TECNICA – DDL PER LA RIFORMA DEL SISTEMA UNIVERSITARIO – Consiglio dei Ministri – data 28 Ottobre 2009 – “Disegno di legge in materia di organizzazione e qualità del sistema universitario, di personale accademico e di diritto allo studio”

- L’allegato 5: DOCUMENTO POLITICO SUL DDL GOVERNANCE E DIRITTO ALLO STUDIO – Analisi e proposte dell’Unione degli Universitari

- L’allegato 6: Le Linee di intervento della CRUI alla vigilia dell’anno accademico 2009 (Documento approvato all’unanimità dall’Assemblea del 25 settembre 2008)

- L’allegato 7: MOZIONE DEL CNSU IN SEGUITO ALLA LEGGE 133 E SUCCESSIVI ACCADIMENTI

- L’allegato 8: Mozione sul DDL in materia di organizzazione e qualità del sistema universitario, di personale accademico e di diritto allo studio

CONSTATO CHE:perugia-gelmini-2

- È in atto l’ennesima destrutturazione del sistema d’istruzione, ricerca e formazione pubblica del nostro Paese. Partendo da quanto deciso con il Decreto 112, convertito nella legge 133/2008, passando per il Disegno di legge in materia di organizzazione e qualità del sistema universitario, di personale accademico e di diritto allo studio, fino ad arrivare a quanto esternato dal Ministro Gelmini emerge come il mondo universitario, in questa legislatura, sarà sottoposto a continui attacchi ed a un sostanziale stravolgimento senza prospettiva, né un progetto organico di rilancio.

- Il provvedimento più grave riguarda la facoltà delle Università di potersi trasformare in fondazioni di diritto privato, rinunciando così alla rappresentanza delle varie componenti negli organi collegiali, trasformando il personale in dipendenti, gli studenti in clienti, il diritto allo studio in servizio a pagamento.

- Viene inoltre ridotto il fondo di finanziamento ordinario di 1,5 miliardi in cinque anni e si mettono in campo limitazioni per il turn-over ed il rinnovamento, arrivando addirittura all’80% per i primi anni.

- Si vuole trasformare l’attuale sistema del diritto allo studio, in cui la Regione dell’Umbria e la città di Perugia sono capofila virtuose, in una struttura deputata a monetizzare quelli che ora sono servizi e ad erogare prestazioni a prescindere dal merito e dalle necessità reali.

RILEVATO CHE:

- In questo modo non solo si mette in discussione il carattere pubblico dell’Università, la cui capacità di reperire fondi da soggetti privati diviene non solo questione di sopravvivenza ma addirittura elemento di valutazione, ma si mina alla radice anche l’equa possibilità di accesso ai più alti gradi della formazione della persona, quindi della collettività.

- Attualmente i Corsi di Laurea devono rispettare alcuni parametri, come previsto dal Decreto Ministeriale che istituisce i “requisiti necessari”: fra questi un numero minimo di docenti per ogni Classe di Laurea e un preciso rapporto numerico fra studenti frequentanti e numero di docenti. Con questi tagli si andrà ad aggravare l’attuale carenza di strutture e di personale docente, è palese il rischio che la soluzione a questo problema venga individuata in un proliferare di Corsi di Laurea a numero chiuso e nella estinzione di altri.

- La possibilità di rimpiazzare solamente il 20% sia dei docenti, sia dei ricercatori, sia del personale tecnico ed amministrativo che andrà in pensione porterà ad una totale assenza di rinnovamento, ad un peggioramento dei servizi agli studenti, alla scadenza della didattica, all’estinzione della ricerca pubblica e libera, con il conseguente relegamento della ricerca al giudizio del privato e sottoposta alla logica del profitto.

- Questo provvedimento, inoltre, demolisce le fondamenta del diritto allo studio. È in dubbio anche la possibilità che resti in vigore il vincolo riguardante la tassazione universitaria, ora fissato al 20% dell’FFO, e che si vada verso uno sfrenato innalzamento delle rette annuali e delle tasse universitarie.

- La possibilità d’ingresso all’interno delle fondazioni private di soggetti terzi potrebbe stravolgere ulteriormente l’offerta formativa didattica, accentuando maggiormente quel divario tra atenei di serie A e atenei di serie B, che già in parte è presente nel panorama nazionale e che questo provvedimento sicuramente non aiuta a risolvere.

CONSIDERATO CHE:

- L’Università degli Studi di Perugia fu una tra le prime libere università sorte in Italia, eretta a Studium Generale l’8 settembre 1308, come attesta la Bolla papale “Super Specula” di Clemente V. Un’ istituzione che educava alle arti della medicina e della legge esisteva comunque sin dagli inizi del 1200, finanziata principalmente dal Comune di Perugia. Prima del 1300 si attesta le presenza di diverse universitates scholarium. Il celebre giurista civile Jacopo di Belviso vi insegnò dal 1316 al 1324. Il primo d’agosto del 1318 papa Giovanni XXII diede all’Università il diritto di conferire lauree in legge civile e canonica, ed il 18 febbraio 1328 in medicina e nelle arti. Ai tempi di Bartolo da Sassoferrato, lo studium era talmente affermato che si diceva che vi erano tria lumina in orbe: Bologna, Parigi e Perugia. Il 19 maggio 1355 l’imperatore Carlo IV promulgò un editto a rafforzare le bolle papali e ad elevare l’Università al rango di imperiale, al fine di favorire la rinascita della città dopo le ondate pestilenziali degli anni 1348-49. Nel 1362 fu fondato dal cardinale Niccolò Capocci il Collegium Gregorianum (successivamente rinominato Sapienza Vecchia), che all’atto della costituzione poteva ospitare sino a 40 giovani. In visita alla città l’11 ottobre 1371, Gregorio XI elevò la neonata facoltà di teologia al livello di Studium Generale. Questa facoltà venne soppressa, e le sue proprietà consegnate all’università, nel 1811. Nel 1426 nacque su iniziativa di Benedetto Guidalotti, vescovo di Recanati, e con l’approvazione di Martino V, il Collegio di San Girolamo. In seguito rinominato Sapienza nuova, si trattava di un ostello gratuito per studenti forestieri che non si potevano pagare gli studi, e si fuse con l’università nel 1829. Con la restaurazione pontificia (1814-1860) la Sapienza Nuova venne riaperta da Pio VII con il nome di Collegio Pio ed il 27 agosto 1824 Leone XII ne fece il collegio principale dell’università. Durante la repubblica giacobina, nel 1798, l’Università cambiò sede in seguito all’esproprio del vecchio Convento Olivetano di Monte Morcino, dove stabilì la propria residenza, rimasta invariata sino ai giorni nostri. Con l’Unità d’Italia, nel 1860 l’Università di Perugia fu posta sotto la giurisdizione del Rettore e del consiglio cittadino, che, stabiliti nuovi statuti, modellati su quelli dell’Università di Bologna, li sottopose all’approvazione del governo. Negli anni trenta, grazie a Paolo Orano, prima docente, poi rettore dell’ateneo perugino, si svilupparono presso la facoltà di scienze politiche i primi studi di demodoxalogia. Dal 1944 ad oggi, in particolare sotto il rettorato di Giuseppe Ermini che portò il numero di studenti a 15.000 nel 1970 e le facoltà al numero di 10, l’Università ha raggiunto una posizione di primo piano tra gli atenei italiani più frequentati.

- L’Università per Stranieri di Perugia nasce nel 1921, quando l’avvocato perugino Astorre Lupattelli istituì dei Corsi di Alta Cultura per studenti stranieri con lo scopo di diffondere all’estero la conoscenza dell’Italia, di illustrarne la storia, le istituzioni, le bellezze artistiche. Tali corsi sono tuttora attivi e costituiscono uno dei segmenti d’eccellenza dell’offerta formativa dell’Ateneo.
Nel 1925 il Regio Decreto del 29 ottobre n.1965 sancisce ufficialmente la nascita della Regia Università italiana per Stranieri. La cultura nazionalista del tempo, la fondazione avvenne durante il Ventennio, ne aveva favorito la nascita nell’intento propagandistico di “affermare la superiorità della cultura italiana nel mondo”. Il motto dell’ateneo, Antiquam exquirite matrem, si riferisce ad un passo dell’Eneide, ovvero al responso dato da Apollo ad Enea, che aveva fatto supplice richiesta al dio di indicargli dove dirigere la propria rotta.
Sino al 1926 corsi e conferenze furono ospitati nelle aule dell’Università degli Studi e nella Sala dei Notari del Palazzo dei Priori, ma già dal 1927 la Stranieri acquisì una sede propria nel prestigioso Palazzo Gallenga Stuart, donato dal conte Romeo Gallenga Stuart al Comune di Perugia e quindi destinato in uso perpetuo e gratuito all’Università per Stranieri per lo svolgimento delle sue finalità istituzionali.
Nel periodo postbellico le attività istituzionali dell’Università per Stranieri di Perugia sono caratterizzate anche dallo svolgimento di compiti di politica culturale, volti, pur nei termini del proprio mandato formativo, al consolidamento del nuovo corso dei rapporti tra le nazioni. L’apprezzato esito delle azioni svolte in questo senso dall’Ateneo fanno sì che esso divenga nel tempo stabile interlocutore di istituzioni nazionali, primo fra tutti il Ministero degli Affari Esteri, oltre che di organismi internazionali, per l’affidamento di azioni formative legate allo svolgimento di delicate azioni di politica estera.
Negli anni ’70 e ’80 del secolo scorso, che vedono i giovani studenti di tutto il mondo occidentale assumere un ruolo di proposizione politica, l’Ateneo diventa laboratorio internazionale di discussione, di dibattito, di confronto, di scambio. La comunità cosmopolita di Palazzo Gallenga lavora, come molta della gioventù del tempo, alla costruzione di nuove dimensioni sociali, sperimentando con largo anticipo quell’interattività multietnica e multiculturale di cui oggi tanto si discute.
Il 17 febbraio 1992 l’università assume il titolo di università Statale istituendo la Facoltà Italiana di Lingua e Cultura ed il Dipartimento di Linguistica e Cultura Comparativa. In aggiunta ai tradizionali corsi di lingua e cultura, l’Università oggi offre anche diplomi di laurea, certificazioni di lingua (per esempio il CELI) e master. L’Università per Stranieri è divenuta un ambiente di interscambio culturale tra studenti provenienti da ogni parte del mondo che, immersi in una città italiana, imparano più facilmente la lingua.

- L’Accademia di Belle Arti è un Istituto Superiore di istruzione per lo studio delle arti visive.
È una delle più antiche in Italia, in quanto venne fondata nel 1573, con il nome di Accademia del Disegno. È intestata al celebre pittore umbro Pietro Vannucci, più noto come il Perugino.
L’attiguo museo dell’accademia conserva i gessi preparatori di importante opere della scultura europea, come i gessi delle tombe medicee scolpite da Michelangelo e dal suo allievo Vincenzo Danti, il gesso preparatorio de Le tre Grazie di Antonio Canova, o del Pastorello col cane di Bertel Thorvaldsen.

- Il Conservatorio di Musica è la prima Istituzione di Alta Cultura operante in Umbria con finalità di alta formazione, specializzazione, ricerca e produzione musicale.
Fondato oltre duecento anni fa come Istituto Musicale, ed eretto in Conservatorio di Musica con Legge n. 111/1974, ha acquisito definitivamente, con Legge n. 508/1999, lo status di Istituzione di grado universitario.
E’ considerato fra i più vitali e propositivi Conservatori italiani, sia per il prestigio del Corpo Docente, sia per la qualità, quantità e continuità della produzione artistica, nonché per le numerose incisioni discografiche realizzate con le sofisticate strumentazioni del proprio Laboratorio di Musica Elettronica dall’Orchestra Sinfonica di Perugia e dell’Umbria.
Nell’ultimo quinquennio, in particolare, il Conservatorio ha realizzato stagioni concertistiche di alto profilo, seguite con crescente attenzione ed interesse da riviste specializzate e dalla critica musicale più qualificata, oltre che dalla RAI-Radiotelevisione Italiana. E’ partner firmatario di accordi bilaterali di cooperazione con alcune fra le più prestigiose Istituzioni europee: Royal Academy of Music di Londra, Accademia Sibelius di Helsinky, Università di Göteborg, Accademia Nazionale di Musica di Sofia, Conservatorio Reale di Musica de L’Aja, Università di Newcastle, Accademia Reale di Musica di Stoccolma, Università di Magonza, Accademia di Musica di Tallin, Conservatorio Superiore di Musica di Salamanca, Accademia di Musica di Bratislava, Trinity College di Londra, Accademia Reale di Musica di Copenhagen, Università delle Arti di Brema, Conservatorio Reale di Bruxelles.

- La Scuola Superiore Europea per Interpreti e Traduttori nasce a Perugia nel 1976 ad iniziativa di alcuni operatori che recepiscono le esigenze degli imprenditori di allargare verso l’estero i propri rapporti.
L’apertura della Scuola è sorta dalla necessità di far fronte al crescente sviluppo di contatti internazionali in tutti i campi della vita pubblica, dell’industria, del commercio e del turismo.
Scopo della Scuola è formare professionalmente traduttori e interpreti che, oltre alle necessarie conoscenze linguistiche e tecniche, conseguano anche un titolo di studio universitario convalidabile in tutta l’Unione Europea. Sentito il parere del Consiglio Universitario Nazionale, il Ministro della Pubblica Istruzione, con Decreto del 19 Maggio 1989, le ha riconosciuto l’abilitazione al rilascio di diplomi di Interprete e Traduttore con valore legale. In particolare l’esigenza di una valida conoscenza delle lingue straniere si è resa più impellente con l’attuazione dell’Unione Europea che ha realizzato la libera circolazione di beni, capitali e persone nell’ambito di tutti i Paesi della C.E.E.. Il notevole sviluppo dei contatti richiede la presenza di professionisti che siano all’altezza dell nuove necessità.

VALUTATO CHE:

- La presenza delle Università e delle Istituzioni culturali nel territorio perugino, oltre che parte della storia cittadina, hanno da sempre rappresentato un’occasione unica di sviluppo territoriale, di crescita economica e di avanzamento nel campo della ricerca, della didattica e della formazione. Questo ha permesso a Perugia di essere conosciuta nel mondo per l’azione dei suoi poli culturali e per le sue eccellenze nei vari campi. Sono anche state numerose le opportunità offerte, sia ai cittadini di Perugia che alle realtà economiche di ogni tipo, dalla presenza di una nutrita comunità studentesca che vive e fa vivere il territorio cittadino, investendo e producendo sia in campo culturale, che sociale, che economico.

- L’aspetto fondamentale che caratterizza e sprovincializza una città come Perugia, facendola emergere a livello nazionale ed internazionale, è dato dagli aspetti di avanzamento sociale e culturale che la presenza di vari poli culturali ha permesso. Sia la riduzione della capacità di azione delle varie istituzioni universitarie, sia la probabile chiusura o privatizzazione non posso che essere considerati come un danno a tutta la città ed ai suoi cittadini.

- Va preso in considerazione anche l’effetto negativo che i provvedimenti restrittivi hanno sui servizi che l’università offre in collaborazione con le altre strutture, effetti che non possono che ripercuotersi sulla città e, a caduta, sui cittadini. I settori interessati sono numerosissimi, prendendo un esempio tra i tanti. La facoltà di Medicina e Chirurgia non solo forma il personale sanitario del domani e fa ricerca sulle per l’avanzamento tecnologico nel settore medico, ma anche assiste direttamente i malati e presta servizi all’ospedale tramite un sistema integrato con la sanità pubblica. Il docente/medico lavora sia per l’azienda ospedaliera, sia per l’ateneo, che si dividono le spese di gestione e dello stipendio. Nel momento in cui ogni 10 docenti/medici andati in pensione ne vengono rimpiazzati soltanto 2 c’è un evidente danno a livello di servizi e riduzione dell’offerta. Questo porterà ad un aumento delle liste di attesa e ad un intasamento delle strutture. Invece che ampliare l’offerta e migliorare il servizio si farà l’esatto opposto. Per non parlare di quello che potrebbe accadere in caso di privatizzazione o di chiusura dell’università. Questo era solo uno degli esempi tra i molti che si potevano fare nei diversi campi.

PROPONIAMO CHE:

- La III^ Commissione Consiliare del Comune di Perugia effettui l’audizione del:
• Rettore dell’Università degli Studi, Francesco Bistoni, e dei relativi collaboratori che si riterranno utili all’approfondimento dell’argomento.
• Rettore dell’Università per Stranieri, Stefania Giannini, e dei relativi collaboratori che si riterranno utili all’approfondimento dell’argomento.
• Presidente dell’Accademia di Belle Arti, Alfredo De Poi, e dei relativi collaboratori che si riterranno utili all’approfondimento dell’argomento.
• Presidente del Conservatorio di Musica di Perugia, Guglielmo Milli, e dei relativi collaboratori che si riterranno utili all’approfondimento dell’argomento.
• Presidente dell’Istituto Universitario di Mediazione Linguistica, Giampiero Rocca, e dei relativi collaboratori che si riterranno utili all’approfondimento dell’argomento.
• Presidente del Consiglio degli Studenti, Amabile Fazio, e dei relativi collaboratori che si riterranno utili all’approfondimento dell’argomento.
• Presidente della Commissione di Controllo degli Studenti dell’Agenzia per il Diritto allo Studio Universitario, Leonardo Esposito, e dei relativi collaboratori che si riterranno utili all’approfondimento dell’argomento.

- Il Sindaco e la Giunta promuovano l’attivazione della Conferenza Regione-Università e si impegnino a rappresentare le problematiche emerse dalle audizioni in commissione e dal dibattito consiliare sia all’interno della Conferenza stessa, concertando con gli altri enti locali una risposta efficace, sia presso le istituzioni Parlamentari, Ministeriali e Governative nelle sedi ritenute opportune.

- Venga organizzata un’azione congiunta tra le istituzioni locali, le organizzazioni sociali, le strutture sindacali, le forze economiche e le associazioni interessate per tutelare a tutti i livelli la città di Perugia ed i suoi cittadini dagli effetti negativi sul mondo universitario e tutto il sistema economico, sociale e culturale connesso.

ALLEGATO 1

SCHEDA TECNICA
Legge 6 agosto 2008, n°133 – “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”

pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 195 del 21 agosto 2008 – Suppl. Ordinario n. 196

Art. 16.   Facoltà di trasformazione in fondazioni delle università
1. In attuazione dell’articolo 33 della Costituzione, [Costituzione della Repubblica Italiana – art 33: L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato. La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali. E` prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l’abilitazione all’esercizio professionale. Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.]nel rispetto delle leggi vigenti e dell’autonomia didattica, scientifica, organizzativa e finanziaria, le Università pubbliche possono deliberare la propria trasformazione in fondazioni di diritto privato. La delibera di trasformazione e’ adottata dal Senato accademico a maggioranza assoluta ed e’ approvata con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. La trasformazione opera a decorrere dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello di adozione della delibera.

In attuazione dello stesso articolo della costituzione richiamato i privati hanno già la facoltà di istituire università, senza oneri per lo stato. La trasformazione in fondazioni di diritto privato pone un dualismo con gravi incognite giuridiche su molti aspetti della vita delle università
La maggioranza richiesta è, a nostro avviso comunque troppo bassa, trattandosi di uno stravolgimento dell’università stessa, sarebbe auspicabile una convergenza più ampia, almeno dei due terzi.
La delibera del solo Senato Accademico inibisce e deresponsabilizza l’importante ruolo svolto dai Consigli di Amministrazione all’interno dell’Università. È impensabile che una riforma riguardante così profondamente la trasformazione dell’università passi senza il parere di un organo che riveste, anche tecnicamente, un ruolo così pregnante.
2. Le fondazioni universitarie subentrano in tutti i rapporti attivi e passivi e nella titolarità del patrimonio dell’Università. Al fondo di dotazione delle fondazioni universitarie e’ trasferita, con decreto dell’Agenzia del demanio, la proprietà dei beni immobili già in uso alle Università trasformate.

Il fatto che le fondazioni subentrino nei rapporti attivi include anche le tasse universitarie, il cui importo sarà quindi determinato dai nuovi organismi previsti dallo statuto della fondazione, il quale può anche non prevedere la presenza di studenti. Trattandosi di istituti di diritto privato non sussiste più il limite legale delle tasse pari al 20% dell’FFO (fondo di finanziamento ordinario) e raggiungere quindi qualunque cifra.
3. Gli atti di trasformazione e di trasferimento degli immobili e tutte le operazioni ad essi connesse sono esenti da imposte e tasse.

L’esenzione da tasse e imposte crea di fatto una zona franca per quanti hanno intenzione di speculare sulle proprietà dell’università.
4. Le fondazioni universitarie sono enti non commerciali e perseguono i propri scopi secondo le modalità consentite dalla loro natura giuridica e operano nel rispetto dei principi di economicità della gestione. Non e’ ammessa in ogni caso la distribuzione di utili, in qualsiasi forma. Eventuali proventi, rendite o altri utili derivanti dallo svolgimento delle attività previste dagli statuti delle fondazioni universitarie sono destinati interamente al perseguimento degli scopi delle medesime.

L’inserimento del principio dell’economicità della gestione cozza con il principio stesso dell’insegnamento che, in quanto bene immateriale non può essere valutato economicamente, salvo che svilendone il significato stesso.
5. I trasferimenti a titolo di contributo o di liberalità a favore delle fondazioni universitarie sono esenti da tasse e imposte indirette e da diritti dovuti a qualunque altro titolo e sono interamente deducibili dal reddito del soggetto erogante. Gli onorari notarili relativi agli atti di donazione a favore delle fondazioni universitarie sono ridotti del 90 per cento.
6. Contestualmente alla delibera di trasformazione vengono adottati lo statuto e i regolamenti di amministrazione e di contabilità delle fondazioni universitarie, i quali devono essere approvati con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Lo statuto può prevedere l’ingresso nella fondazione universitaria di nuovi soggetti, pubblici o privati.

I nuovi statuti adottati possono escludere completamente o in parte la presenza della rappresentanza studentesca all’interno degli organi.
7. Le fondazioni universitarie adottano un regolamento di Ateneo per l’amministrazione, la finanza e la contabilità, anche in deroga alle norme dell’ordinamento contabile dello Stato e degli enti pubblici, fermo restando il rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario.
8. Le fondazioni universitarie hanno autonomia gestionale, organizzativa e contabile, nel rispetto dei principi stabiliti dal presente articolo.
9. La gestione economico-finanziaria delle fondazioni universitarie assicura l’equilibrio di bilancio. Il bilancio viene redatto con periodicità annuale. Resta fermo il sistema di finanziamento pubblico; a tal fine, costituisce elemento di valutazione, a fini perequativi, l’entità dei finanziamenti privati di ciascuna fondazione.

Viene prevista uno speciale fine di de finanziamento per gli atenei. La valutazione dell’entità dei finanziamenti privati è stata inserita per permettere allo stato di ridurre i finanziamenti a quegli atenei che disporranno di capitali privati. Tale norma, messa in raffronto sistematico con i tagli che l’università subirà nel quinquennio 2009-2013 fa presumere che il denaro non più destinato alle università trasformatesi in fondazioni non sarà destinato alle università che non si sono trasformate in fondazioni.
10. La vigilanza sulle fondazioni universitarie e’ esercitata dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Nei collegi dei sindaci delle fondazioni universitarie e’ assicurata la presenza dei rappresentanti delle Amministrazioni vigilanti.
11. La Corte dei conti esercita il controllo sulle fondazioni universitarie secondo le modalità previste dalla legge 21 marzo 1958, n. 259 e riferisce annualmente al Parlamento.
12. In caso di gravi violazioni di legge afferenti alla corretta gestione della fondazione universitaria da parte degli organi di amministrazione o di rappresentanza, il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca nomina un Commissario straordinario, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, con il compito di salvaguardare la corretta gestione dell’ente ed entro sei mesi da tale nomina procede alla nomina dei nuovi amministratori dell’ente medesimo, secondo quanto previsto dallo statuto.
13. Fino alla stipulazione del primo contratto collettivo di lavoro, al personale amministrativo delle fondazioni universitarie si applica il trattamento economico e giuridico vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto.

Si chiarisce come il personale tecnico e amministrativo delle fondazioni universitarie non sarà più personale statele, al quale si applica il contratto collettivo statale ma passerà a lavoro privato, secondo contratti collettivi di categoria. Il vecchio contratto sarà mantenuto solo fino alla stipula del nuovo, con conseguenze che non è possibile prevedere.
L’assenza di una previsione specifica per i docenti fa ritenere che continueranno ad avere un contratto di lavoro pubblico e ad essere quindi dipendenti pubblici stipendiati dallo stato. Ma la trasformazione in Fondazioni permetterebbe di affiancare ai docenti reclutati tramite concorso, docenti scelti dai privati senza la necessità di una selezione pubblica o meritocratica, facendo posto alla possibilità di un nepotismo fin troppo presente nella nostra nazione.
14. Alle fondazioni universitarie continuano ad applicarsi tutte le disposizioni vigenti per le Università statali in quanto compatibili con il presente articolo e con la natura privatistica delle fondazioni medesime.
Appare chiaro da questo articolo l’intenzione di voler, nel lungo periodo, smettere di impegnarsi nella spesa per la formazione universitaria, con l’obiettivo di scorporarla dai conti pubblici. L’assenza della previsione di una delibera di trasformazione da parte dei Consigli di Amministrazione degli Atenei, le varie agevolazioni tributarie, il de finanziamento degli Atenei trasformatisi in fondazioni, altro non sono che l’esortazione ad un processo di privatizzazione dell’intera Università italiana. Nel lungo periodo questo processo condurrà le università a diventare da un lato poli di eccellenza laddove un privato abbia la volontà di investire, a discapito della libertà della ricerca, che rivestirà non più gli ambiti ritenuti idonei dalle università, ma solo quelli che permettono un profitto immediato secondo il criterio del profitto al quale un investitore privato, legittimamente, si ispira e del libero accesso, dato che questi atenei avranno prevedibilmente numeri limitati e rette altissime (20.000 – 30.000 € all’anno). Prendendo in considerazione in maniera particolare l’aspetto della ricerca, è plausibile che gli investitori indirizzeranno quest’ultima, grazie al peso che rivestiranno negli organi di governo delle Università, verso la ricerca applicata in alcune facoltà, tralasciando sia la ricerca di base che la ricerca di intere branche che non portano ad alcun profitto.
Dall’altro lato assisteremo invece o alla chiusura di molti atenei, o alla loro trasformazione in università di serie B dove la didattica è scadente a causa del basso numero di docenti e della loro qualità inferiore, poiché i docenti più preparati saranno attratti dalle università che possono pagarli di più, e i titoli che emetteranno non potranno essere quindi paragonati a quelli delle università “superiori” creando quindi laureati di serie B. Si va dunque verso una nuova divisione per classi della popolazione, da una parte coloro che possono permettersi una istruzione e dall’altra coloro che non hanno questa possibilità.
Non possiamo inoltre sorvolare sulla possibilità, esistente in tutte le zone del Paese, che associazioni malavitose possano sfruttare questa possibilità per prendere il controllo della formazione dei giovani, con inoltre la possibilità di riciclare il denaro proveniente da attività illecite. La facoltà di inserirsi nel processo di formazione e di ottenere la disponibilità delle proprietà degli Atenei apre una crepa anche nella guerra all’attività criminale organizzata.

Art. 66.   Turn over

1. Le amministrazioni di cui al presente articolo provvedono, entro il 31 dicembre 2008 a rideterminare la programmazione triennale del fabbisogno di personale in relazione alle misure di razionalizzazione, di riduzione delle dotazioni organiche e di contenimento delle assunzioni previste dal presente decreto.
[omissis…]

7. Il comma 102 dell’articolo 3 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e’ sostituito dal seguente: «Per gli anni 2010 e 2011, le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 523 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, possono procedere, per ciascun anno, previo effettivo svolgimento delle procedure di mobilità, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 20 per cento di quella relativa al personale cessato nell’anno precedente. In ogni caso il numero delle unità di personale da assumere non può eccedere, per ciascun anno, il 20 per cento delle unità cessate nell’anno precedente.
[omissis…]

9. Per l’anno 2012, le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 523 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, possono procedere, previo effettivo svolgimento delle procedure di mobilità, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 50 per cento di quella relativa al personale cessato nell’anno precedente. In ogni caso il numero delle unità di personale da assumere non può eccedere il 50 per cento delle unità cessate nell’anno precedente.
[omissis…]

13. Le disposizioni di cui al comma 7 trovano applicazione, per il triennio 2009-2011 fermi restando i limiti di cui all’articolo 1, comma 105 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, nei confronti del personale delle università. Nei limiti previsti dal presente comma e’ compreso, per l’anno 2009, anche il personale oggetto di procedure di stabilizzazione in possesso degli specifici requisiti previsti dalla normativa vigente. Nei confronti delle università per l’anno 2012 si applica quanto disposto dal comma 9. Le limitazioni di cui al presente comma non si applicano alle assunzioni di personale appartenente alle categorie protette. In relazione a quanto previsto dal presente comma, l’autorizzazione legislativa di cui all’articolo 5, comma 1, lettera a) della legge 24 dicembre 1993, n. 537, concernente il fondo per il finanziamento ordinario delle università, e’ ridotta di 63,5 milioni di euro per l’anno 2009, di 190 milioni di euro per l’anno 2010, di 316 milioni di euro per l’anno 2011, di 417 milioni di euro per l’anno 2012 e di 455 milioni di euro a decorrere dall’anno 2013.
[omissis…]

L’articolo in questione trova il suo punto focale nell’articolo 13 che è opportuno trattare scindendolo in due parti. Nella prima, in cui si fa riferimento al comma 7 per estendere il contenuto della norma al personale assunto a tempo indeterminato ed anticipare tale trattamento al 2009, si pone un limite al turn-over all’interno delle università pari al 20%. Questo significa che gli Atenei potranno compiere nuove assunzioni solamente per un numero pari al 20% dei pensionamenti. Tali assunzioni dovranno inoltre essere valutate numericamente e non economicamente, quindi indipendentemente dallo stipendio di chi va in pensione e di quello che lo sostituisce. Solamente per l’anno 1012 questo limite viene innalzato al  50%.
Quanto previsto comporta una molteplicità di conseguenze. Dal punto di vista del turn-over del personale docente, crea una crisi per quanto riguarda la didattica poiché un numero minore di professori dovrà occuparsi di un numero crescente di insegnamenti, spesso anche in modo non completamente competente, poiché se per ogni 5 professori se ne può assumere uno solo, se coloro che vanno in pensione appartengono a branche diverse, non è possibile sostituirli, creando dei vuoti nelle varie materie. I pochi professori rimasti quindi dovranno occuparsi anche di materie di cui non sono esperti e tutto il tempo a loro disposizione dovrà essere impegnato nella didattica, a scapito della ricerca.
Una ulteriore considerazione da compiere riguarda il rapporto tra il numero dei docenti e il numero degli studenti, che la legge 544 del 2007 fissa in maniera perentoria. Questo significa che con la riduzione del numero dei docenti non sarà possibile accettare tutti gli studenti che intendono iscriversi alle università, e da qui la possibilità che avranno le facoltà di ricorrere al numero chiuso, la cui unica alternativa sarebbe la chiusura dei corsi. A causa del blocco del turn-over al 20% assisteremo quindi alla proliferazione del numero chiuso, inteso come adattamento degli studenti alle strutture esistenti, e quindi al mancato rispetto del diritto costituzionalmente garantito (art 34 Cost.) di raggiungere i gradi più alti dello studio.
Dal punto di vista del personale tecnico ed amministrativo, la riduzione dello stesso porterà dapprima alla riduzione della possibilità di usufruire di servizi quali biblioteche e laboratori, e, nel medio periodo, nella chiusura di molti degli stessi, ancora una volta a discapito della didattica e dalla possibilità di apprendimento degli studenti.
La seconda parte del comma 13 articola dettagliatamente i tagli al fondo di finanziamento ordinario (FFO), ovvero la principale fonte di entrata per le Università statali, seguita dalle tasse pagate dagli studenti , che normalmente copre gli stipendi del personale docente, dei ricercatori, del personale tecnico e amministrativo, nonché la manutenzione dei plessi universitari e delle strutture di laboratorio. Un taglio complessivo in 5 anni di 1.441.500.000 € non potrà fare altro che3 rendere ulteriormente più scadenti le università italiane, che, se vorranno continuare a pagare stipendi e manutenzione non potranno fare altro che rivalersi sulla contribuzione studentesca. Fino a questo momento la legge prevedeva un tetto alla quantità di tasse che le università potevano chiedere agli studenti pari al 20% del FFO. La decurtazione di una cifra così elevata obbligherà molti atenei a non considerare più il limite posto, mentre tale limite non costituirà più un problema per quelle università che si trasformeranno in fondazioni.

Ultima considerazione di metodo è quella che concerne l’iter di approvazione della presente legge, adottata tramite decreto legge (in assenza dei richiesti requisiti di necessità e urgenza) e poi convertita in legge ponendo la questione di fiducia, senza permettere dunque una dialettica parlamentare, che formalmente dovrebbe essere l’organo legislativo del nostro paese. (Cfr resoconti parlamentari seduta n°47 di lunedì 4 agosto 2008) in un periodo in cui l’attenzione dell’opinione pubblica era chiaramente bassa.

ALLEGATO 2

LEGGE 133/08 – SCHEDA RIASSUNTIVA

La legge n. 133, ha segnato un solco nella storia dell’Università italiana. In questa legge infatti:

- 1) Viene prevista la possibilità per le università di trasformarsi in Fondazioni, privatizzando l’istruzione. Questa “possibilità” diventa una “costrizione” per via dei tagli previsti che arrivano 1,5 miliardi di euro. Le Università diventeranno fondazioni in cui conteranno solo le scelte dei finanziatori e degli amministratori, sia nella didattica che nella ricerca. Il rischio è quello di cancellare la libertà d’insegnamento, e di concepire lo studio non un diritto ma come privilegio per pochi benestanti.

Il rischio maggiore è vedere le tasse universitarie raddoppiare e triplicare fino a raggiungere anche decine di migliaia di euro l’anno, e l’insegnamento e la ricerca saranno vincolati alla volontà di soggetti privati.
- 2) Viene prevista l’assunzione di un solo professore ogni 5 che ne vanno in pensione. Questo significa che per le altre quattro cattedre ci sarà un insegnante che non è competente. Lo stesso taglio di assunzioni vale per i laboratori e le biblioteche che chiuderanno e per le mense, la cui qualità del servizio si abbasserà.

Questo comporterà che l’istruzione degli studenti sarà di scarsa qualità e si pagherà moltissimo per avere servizi di basso livello.
- 3) Con la riduzione del fondo di finanziamento per le spese di funzionamento degli Atenei, per 1,5 miliardi di euro le Università saranno costrette prima ad aumentare le tasse in maniera incontrollabile e a ridurre i servizi agli studenti e poi a trasformarsi in fondazioni private cercando finanziatori esterni.

Ancora una volta il prezzo delle scelte dei tagli all’università verrà scaricato sugli studenti e quindi sulle loro famiglie, che potrebbero vedersi anche ridurre o eliminare le borse di studio, il tutto in una situazione economica di netta difficoltà.
Per questi motivi chiediamo l’abrogazione di queste norme che porteranno le Università a dividersi tra quelle che riusciranno a percepire finanziamenti privati e quelle che invece dovranno accontentarsi di finanziamenti pubblici sempre più ridotti; tra quelle che discrimineranno gli studenti con tasse incontrollabilmente alte e quelle che avranno tasse solo raddoppiate (o triplicate) rispetto a quelle attuali ma offriranno una didattica e servizi ridotti all’osso; tra quelle che avranno didattica e ricerca vincolate alle scelte dei finanziatori e quelle che avranno didattica e ricerca libere ma non i soldi per portarla avanti, e quindi non le avranno.
ALLEGATO 3

Mozione approvata all’unanimità dal Consiglio della Facoltà di Scienze MM. FF. NN. nella seduta del  15 ottobre 2008

Il Consiglio della Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali dell’Università degli Studi di Perugia riunitosi in seduta straordinaria il 15 ottobre 2008 ritiene inaccettabile l’attuazione del decreto 112/2008, convertito in legge 133/2008, nei confronti del sistema pubblico della formazione e ricerca.
L’attuale legge, approvata in parlamento alla fine di agosto nell’indifferenza generale, prevede una serie di azioni per la Pubblica Amministrazione che si rivelano particolarmente negative per l’Università e gli Enti di Ricerca, come ad esempio:
• Limitazione al 20% del turn-over per gli anni 2009-2011 e al 50% nel 2012 del   personale docente e tecnico-amministrativo.
• Taglio del Fondo di Finanziamento Ordinario per le Università con una decurtazione di circa il 25% in termini reali entro il 2012.
• La possibilità di trasformare gli Atenei in Fondazioni private con un progressivo  disimpegno (sia economico che politico) dello Stato Italiano verso l’apice dell’attività didattica e formativa nel nostro paese.
Le dichiarazioni del Ministro Tremonti e del Ministro Brunetta in risposta alle iniziative di protesta già attuate in altre sedi, dimostrano la volontà di procedere con quanto stabilito, indipendentemente dalle suddette iniziative, e di evitare un confronto costruttivo con le Università e gli Enti di Ricerca per raggiungere un accordo condiviso.
Il Consiglio di Facoltà riconosce che la situazione attuale dell’Università italiana richiede un attento esame e una riforma sostanziale, ma ritiene allo stesso tempo che la soluzione prospettata dalla Legge 133 non risponde in alcun modo alle vere necessità del sistema.

A fronte di questa situazione insostenibile, il Consiglio di Facoltà DELIBERA:
1)  Di intraprendere tutte le necessarie iniziative di opposizione alle scelte del governo in tema di diritto allo studio, per mantenere l’Università libera, pubblica e aperta a tutti.
2)   Di invitare tutto il personale docente, tecnico e amministrativo di questa Università ad attuare ogni forma di protesta sia all’interno che all’esterno per cercare di coinvolgere gli studenti, le loro famiglie e tutto il personale pubblico che si occupa della formazione dei nostri giovani.
3)  Sospendere le lezioni il giorno mercoledì 22/10/2008, informando e sensibilizzando gli studenti sulla situazione attuale e le concrete conseguenze di tale legge.
4)   Nell’eventualità che nei prossimi mesi non venga aperto un dialogo concreto, il ritiro della disponibilità da parte di tutto il corpo docente a sostenere impegni didattici che vadano oltre l’obbligo di legge a partire dal secondo semestre del corrente anno accademico.
5)  Di invitare i ricercatori degli Enti di Ricerca che operano gratuitamente come Docenti nei corsi di Laurea, a ritirare la propria disponibilità ad assumere incarichi didattici.
6) Informare e sostenere colleghi di altre facoltà e di altri Atenei affinché possano   intraprendere azioni simili.
7)  Invitare il Rettore a riportare il malessere e dissenso generale, creatosi nella nostra Università dall’approvazione della legge 133/2008, in tutte le sedi opportune (in particolar modo presso la CRUI) per far partire iniziative di protesta atte a cambiare l’attuale normativa.
8)   Invitare il Rettore a convocare una assemblea di Ateneo aperta a tutte le componenti dell’Università per discutere collegialmente le azioni di protesta da intraprendere.

ALLEGATO 4

SCHEDA TECNICA

DDL PER LA RIFORMA DEL SISTEMA UNIVERSITARIO Consiglio dei Ministri – data 28 Ottobre 2009
“Disegno di legge in materia di organizzazione e qualità del sistema universitario, di personale accademico e di diritto allo studio”
Titolo I Organizzazione del sistema universitario
Articolo 1 Principi ispiratori della riforma

1. Le università sono sede di libera formazione e strumento per la circolazione dei saperi; operano, combinando in modo organico ricerca e didattica, per il progresso culturale, civile ed economico della Repubblica.

2. In attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 33 e al Titolo V della seconda Parte della Costituzione, ciascuna università opera ispirandosi a princípi di autonomia e di responsabilità, anche sperimentando modelli organizzativi e funzionali sulla base di specifici accordi di programma con il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di seguito denominato “Ministero”.

3. Al fine di rimuovere gli ostacoli all’istruzione universitaria per gli studenti meritevoli e privi di mezzi, il Ministero attua e monitora specifici programmi per la concreta realizzazione del diritto allo studio.

4. Il Ministero, nel rispetto della libertà di insegnamento e dell’autonomia delle università, fissa obiettivi e indirizzi strategici per il sistema e le sue componenti e ne verifica e valuta i risultati secondo criteri di qualità, trasparenza e promozione del merito, anche sulla base delle migliori esperienze diffuse a livello internazionale, garantendo una distribuzione delle risorse pubbliche coerente rispetto agli obiettivi e indirizzi nonché ai risultati conseguiti.

La parte introduttiva della legge ne indica i principi ispiratori e gli obiettivi generici. Fa riferimento all’art. 33 della Costituzione sull’autonomia e al Titolo V che indica le competenze dello Stato e delle Regioni in materia legislativa.
Art. 33 della Costituzione della Repubblica Italiana.
L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato. La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali. È prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per

l’abilitazione all’esercizio professionale. Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.
Articolo 2 Organi e articolazione interna delle università

1. Sono organi delle università: a) il rettore; b) il consiglio di amministrazione; c) il senato accademico; d) il direttore generale; e) il collegio dei revisori dei conti; f) il nucleo di valutazione.

2. Le università statali, nel quadro del complessivo processo di riordino della pubblica amministrazione, provvedono, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, a modificare i propri statuti in materia di organi, nel rispetto dell’articolo 33 della Costituzione, ai sensi dell’articolo 6 della legge 3 maggio 1989, n. 168, secondo principi di semplificazione, efficienza ed efficacia, con l’osservanza dei seguenti vincoli e criteri direttivi:

Viene imposto agli Atenei un iter di approvazione dei nuovi statuti di soli sei mesi secondo quanto previsto dall’art. 6 della Legge n. 168/89 sull’autonomia universitaria. Questa norma può sollevare anche dei dubbi di costituzionalità perché, se da un lato l’art. 3 della 168/89 dice che è necessaria una legge attuativa che stabilisce i limiti dell’autonomia, dall’altro gli Atenei secondo la Costituzione “hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello stato”. La riforma degli statuti deve seguire i criteri elencati nelle lettere.
a)  attribuzione al rettore della rappresentanza legale dell’università e delle funzioni di indirizzo, di iniziativa e del coordinamento delle attività scientifiche e didattiche; della responsabilità del perseguimento delle finalità dell’università secondo criteri di qualità e nel rispetto dei principi di efficacia, efficienza, trasparenza e meritocrazia; della funzione di proposta del documento di programmazione strategica triennale di ateneo di cui all’articolo 1-ter del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, e successive modificazioni, del bilancio di previsione annuale nonché del conto consuntivo; di ogni altra funzione non espressamente attribuita ad altri organi dallo statuto;
Sostanzialmente non vi sono grandi cambiamenti rispetto alle funzioni del rettore che mantiene la rappresentanza legale e le altre funzioni. Tuttavia gli viene assegnato il compito di formulare la proposta del “documento di programmazione strategica triennale” in cui vi sono indicati i seguenti obiettivi (legge 31 marzo 2005, n. 43)
a) i corsi di studio da istituire e attivare nel rispetto dei requisiti minimi essenziali in termini di risorse strutturali ed umane, nonche’ quelli da sopprimere; b) il programma di sviluppo della ricerca scientifica; c) le azioni per il sostegno ed il potenziamento dei servizi e degli interventi a favore degli studenti; d) i programmi di internazionalizzazione; e) il fabbisogno di personale docente e non docente a tempo sia determinato che indeterminato, ivi compreso il ricorso alla mobilita’.
Considerando quindi che il CDA assume tutti i poteri in materia di gestione economica, didattica e ricerca anche la proposta di questo documento di programmazione che ha una certa rilevanza mette il Rettore in una posizione sicuramente più “forte” rispetto alla situazione precedente.

b)  determinazione delle modalità di elezione del rettore con voto ponderato tra i professori ordinari in servizio presso università italiane in possesso di comprovata competenza ed esperienza di gestione, anche a livello internazionale, nel settore universitario, della ricerca o delle istituzioni culturali; nomina del rettore eletto con decreto del Presidente della Repubblica;
Si specifica che l’elezione del Rettore della avvenire con voto ponderato, mentre oggi la ponderazione dei voti elettorali è demandata ai singoli statuti ed è in vigore solo per il personale tecnico amministrativo. Non vi è l’obbligo di eleggere il Rettore tra i docenti di prima fascia dello stesso Ateneo, ma si dice che può essere eletto “tra i professori ordinati in servizio presso università italiane”. Può essere quindi anche di un altro Ateneo.
c)  durata della carica di rettore per non più di due mandati e per un massimo di otto anni, ovvero sei anni nel caso di mandato unico non rinnovabile;
Viene posto un tetto ai mandati del Rettore. Massino due mandati per otto anni complessivi (quindi 4+4) o se è un mandato unico non rinnovabile un massimo di 6 anni. La misura è condivisibile ma è comunque inserita un contesto che riduce tutti gli spazi di democrazia all’interno degli organi.
d)  attribuzione al senato accademico della competenza a formulare proposte e pareri in materia di didattica e di ricerca; ad approvare i relativi regolamenti previo parere favorevole del consiglio di amministrazione e a svolgere funzioni di coordinamento e di raccordo con i dipartimenti e con le strutture di cui al comma 3, lettera c);
Il Senato Accademico viene privato di qualunque potere decisionale, e adotta i provvedimenti solo dopo il parere favorevole del CDA. Nei fatti il Senato è svuotato, anche delle competenze sulla didattica e la ricerca perché “formula pareri e proposte”. La comunità accademica (studenti, docenti, ricercatori e personale) è privata del luogo di rappresentanza decisionale nell’Ateneo, ed è vincolata solo alle scelte del CDA.
e)  costituzione del senato accademico su base elettiva, composto per almeno due terzi da docenti di ruolo dell’università e, comunque, da un numero di membri proporzionato alle dimensioni dell’ateneo e non superiore a trentacinque unità, compresi il rettore e una rappresentanza elettiva degli studenti;
Si introduce il concetto di “senato accademico su base elettiva”. Oggi invece Senati accademici sono composti in parte da componenti elettive (rappr. Studenti, docenti, personale) ed in parte per componenti di diritto. Si specifica che la composizione non deve essere superiore a 35 unità, ed almeno i 2/3 deve essere di docenti di ruolo.
f)  attribuzione al consiglio di amministrazione delle funzioni di indirizzo strategico, di approvazione della programmazione finanziaria annuale e triennale e del personale nonché di vigilanza sulla sostenibilità finanziaria delle attività; della competenza a deliberare l’attivazione o la soppressione di corsi e sedi; della competenza ad adottare il regolamento di amministrazione e contabilità, il bilancio di previsione e il conto consuntivo, da trasmettere al Ministero e al Ministero dell’economia e delle finanze nonché, su proposta del rettore previo parere del senato accademico per gli aspetti di sua competenza, il documento di programmazione strategica di cui alla lettera a);
Al CDA vengono assegnate tutte le funzioni di programmazione finanziaria, indirizzo strategico, sostenibilità finanziaria. Delibera sull’attivazione e la soppressione dei corsi di laurea e delle sedi universitarie. Approva il bilancio, proposto dal Rettore, dopo aver acquisito il parere del Senato solo
nella parte di sua competenza, e il documento di programmazione strategica triennale. Nei fatti il CDA diventa l’unico organo decisionale che delibera sia in materia economica, sia su didattica e ricerca. In questo modo tutte le scelte sono subordinate alla politica di bilancio e non agli obiettivi didattici, formativi e di ricerca.

g)  composizione del consiglio di amministrazione nel numero massimo di undici componenti, inclusi il rettore componente di diritto ed una rappresentanza elettiva degli studenti; designazione o scelta degli altri componenti secondo modalità previste dallo statuto, anche mediante avvisi pubblici, tra personalità italiane o straniere in possesso di comprovata competenza in campo gestionale e di un’esperienza professionale di alto livello; non appartenenza di almeno il quaranta per cento dei consiglieri ai ruoli dell’ateneo a decorrere dai tre anni precedenti alla designazione e per tutta la durata dell’incarico; elezione del presidente del consiglio di amministrazione tra i componenti dello stesso; nomina del presidente designato con decreto del Presidente della Repubblica;
Il CDA è di 11 membri compreso il Rettore, ed è presieduto da un presidente eletto all’interno dello stesso CDA. La funzione di presidente non è più quindi affidata al rettore, ma può essere anche affidata alla componente “esterna”, in teoria quindi anche ad un privato appartenente ad un’azienda. La composizione è la seguente:
-Rettore -1 rappresentante degli studenti eletto -Gli altri componenti scelti tra “personalità italiane o straniere in possesso di comprovata
competenza in campo gestionale” Gli altri componenti del Cda sono designati secondo le norme previste dallo Statuto dell’Ateneo. Almeno il 40% del Cda non deve appartenere “ai ruoli” dell’Atenei nei tre anni precedenti la nomina in Cda e per la durata dell’incarico. Nei fatti sono componenti esterni all’Ateneo. E’ possibile quindi che la maggioranza del Cda sia controllata in gran parte da personalità esterne all’Ateneo, che possono avere solo interessi economici dalla gestione della didattica e della ricerca, influenzare i contenuti formativi, favorire gruppi di interessi e di docenti. La cultura così diventa oggetto di mercato e di interesse privato e non patrimonio della collettività.
h)  durata in carica del consiglio di amministrazione per un massimo di quattro anni; durata quadriennale del mandato fatta eccezione per quello dei rappresentanti degli studenti, di durata biennale; rinnovabilità del mandato per una sola volta;
Il CDA dura in carica 4 anni, tranne che per i rappresentanti degli studenti il cui mandato è di due anni. Il mandato di componente del CDA si può rinnovare solo una volta.
i)  sostituzione della figura del direttore amministrativo con la figura del direttore generale, da scegliere tra personalità di elevata qualificazione professionale ed esperienza in campo organizzativo e gestionale; conferimento da parte del consiglio di amministrazione, su proposta del rettore, dell’incarico di direttore generale, regolato con contratto di diritto privato a tempo determinato di durata non superiore a quattro anni rinnovabile; determinazione del trattamento economico spettante al direttore generale in conformità a criteri e parametri fissati con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di seguito denominato “Ministro”, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze; previsione del collocamento in aspettativa senza assegni per tutta la durata del contratto in caso di conferimento dell’incarico a dipendente pubblico;
j)  attribuzione al direttore generale della complessiva gestione e organizzazione dei servizi, delle risorse strumentali e del personale tecnico-amministrativo dell’ateneo; partecipazione del direttore generale, senza diritto di voto, alle sedute del consiglio di amministrazione;

La figura del Direttore amministrativo è sostituita da quella di Direttore Generale da scegliere tra personalità con elevata qualificazione professionale. Il contratto a tempo determinato dura al massimo 4 anni ed è rinnovabile. Nel caso il contratto di Direttore Generale fosse assegnato ad un dipendente pubblico non dell’ateneo questo ha diritto all’aspettativa. L’incarico è attribuito dal Cda su proposta del Rettore. Al direttore generale spetta la gestione e l’organizzazione complessiva dei servizi e del personale tecnico amministrativo.
Cambia la durata del mandato prevista a 5 anni dalla Legge n. 127 del 15 Maggio 1997. Il cambio di denominazione del nome da Direttore Amministrativo a Generale è anche indice del disegno culturale che sta dietro la riforma che sposta il sistema universitario verso un modello “aziendalista”.
k)  composizione del collegio dei revisori dei conti in numero di tre effettivi e due supplenti, di cui un membro effettivo, con funzioni di presidente, e uno supplente designati da parte del Ministero dell’economia e delle finanze; uno effettivo ed uno supplente designati dalle università tra dirigenti e funzionari del Ministero; nomina dei componenti con decreto rettorale; rinnovabilità dell’incarico per una sola volta e divieto di conferimento dello stesso a personale dipendente della medesima università;
l)  composizione del nucleo di valutazione con un numero di componenti in prevalenza esterni all’ateneo e comunque integrato, per gli aspetti istruttori relativi alla valutazione della didattica, da una rappresentanza degli studenti;
m)  attribuzione al nucleo di valutazione della funzione di verifica della qualità e dell’efficacia dell’offerta didattica, tenuto conto di quanto previsto dall’articolo 4 della legge 4 marzo 2009,
n. 15, anche sulla base degli indicatori individuati dalle commissioni paritetiche docenti-studenti, di cui al comma 3, lettera g);
La composizione dei Nuclei viene fissata in prevalenza di membri esterni. Oggi la presenza di esterni non è tassativa, ma è possibile che “almeno due nominati tra studiosi ed esperti nel campo della valutazione anche in ambito non accademico.” Art. 1, comma 2 della Legge n. 370 del 1999 che istituisce i Nuclei di Valutazione. Nel DDL viene prevista la rappresentanza degli studenti solo per la parte istruttoria sulla valutazione della didattica. Non si tratta quindi di una presenza studentesca a tutti gli effetti, ma è solo parziale. Ad oggi invece la presenza degli studenti nei Nuclei di valutazione è demandata alla scelta dei singoli atenei ma non è obbligatoria. Attribuzione della funzione di “verifica della qualità e dell’efficacia dell’offerta formativa” utilizzando i criteri per la “valutazione delle strutture e del personale delle amministrazioni pubbliche e di azione collettiva” della legge n. 15 del 2009 e degli indicatori forniti da commissioni paritetiche di docenti-studenti.
La Legge n. 15 del 2009 è la conversine della “Delega al Governo finalizzata all’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e alla efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni nonché disposizioni integrative delle funzioni attribuite al Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro e alla Corte dei conti”
n)  divieto per i componenti del senato accademico e del consiglio di amministrazione di ricoprire altre cariche accademiche, fatta eccezione per il rettore limitatamente al senato accademico; di essere componente di altri organi dell’università salvo che del consiglio di dipartimento; di rivestire alcun incarico di natura politica per la durata del mandato e di ricoprire la carica di rettore o far parte del consiglio di amministrazione o del senato accademico di altre università statali, non statali o telematiche; decadenza per i consiglieri che non partecipano con continuità alle sedute del senato e del consiglio d’amministrazione.
E’  prevista per i componenti di Senato e CDA l’incompatibilità con altre cariche nell’Ateneo
escluso il Dipartimento, con incarichi politici e l’appartenenza a Senato e Cda di altri Atenei. Diviene obbligatoria la decadenza dal Senato e Consiglio di Amministrazione per i membri che “non partecipano con continuità alle sedute”. Il principio è positivo, ma non si specifica cosa si intenda per “continuità”.

3. Per le medesime finalità ed entro lo stesso termine di cui al comma 2, le università modificano altresì i propri statuti in tema di articolazione interna, con l’osservanza dei seguenti vincoli e criteri direttivi:
L’articolazione interna degli Atenei (le attuali Facoltà, i Dipartimenti, le Strutture didattiche…) deve essere adeguata ai seguenti criteri e vincoli direttivi:
a)  semplificazione dell’articolazione interna, con contestuale attribuzione al dipartimento delle funzioni finalizzate allo svolgimento della ricerca scientifica, delle attività didattiche e formative a tutti i livelli nonché delle attività rivolte all’esterno ad esse correlate o accessorie;
Attribuzione ai Dipartimenti delle responsabilità sull’attività di ricerca, didattica e formativa. Si tratta di una norma che di fatto rivoluziona l’organizzazione degli Atenei basata sulla struttura dei Consigli di Facoltà. Il rischio che si corre è che l’attività di ricerca (e quindi la sua parte progettuale e di finanziamento) prenda il sopravvento su quella didattica. I Dipartimenti istituiti dal DPR n. 382/1980 (art. 82 e successivi articoli) hanno funzione di promozione e coordinamento della ricerca, ma con il DDL assumono in se anche le funzioni del Consiglio di Facoltà in materia di attività didattica. Sia il Regio Decreto 1592/1933, sia il DPR 382/1980 disciplinano le norme di composizione e funzionamento generale dei Consigli di Facoltà.
b)  riorganizzazione dei dipartimenti assicurando che a ciascuno di essi afferisca un numero di professori, ricercatori di ruolo e ricercatori a tempo determinato non inferiore a trentacinque, ovvero quarantacinque nelle università con un numero di professori, ricercatori di ruolo e a tempo determinato superiore a mille unità, afferenti a settori scientifico-disciplinari omogenei;
Al Dipartimento afferiscono un numero di docenti e ricercatori a tempo indeterminato non inferiore a 30 negli Atenei con meno di 1000 docenti e non inferiore a 45 negli atenei con più di mille docenti a tempo indeterminato, e di ricercatori a contratto.
c)  previsione della facoltà di istituire tra più dipartimenti, raggruppati in relazione a criteri di affinità disciplinare, strutture di raccordo, denominate facoltà o scuole, con funzioni di coordinamento e razionalizzazione delle attività didattiche e di gestione dei servizi comuni; di coordinamento, in coerenza con la programmazione strategica di cui al comma 2, lettera a), delle proposte in materia di personale docente avanzate dai dipartimenti; di coordinamento del funzionamento dei corsi di studio e delle proposte per l’attivazione o la soppressione di nuovi corsi di studio;
Tra dipartimenti affini da un punto di vista disciplinare si possono costituire delle strutture di “raccordo” denominate Scuole o Facoltà che hanno la funzione di coordinare le attività didattiche e di servizi comuni tra i dipartimenti stessi.
d)  previsione che il numero complessivo delle strutture di cui alla lettera c) deve essere proporzionato alle dimensioni e alla tipologia scientifico disciplinare dell’ateneo, fermo restando che il numero delle stesse non può essere superiore a sei, nove e dodici nel caso di università con un numero di professori e ricercatori di ruolo e ricercatori a tempo determinato,
rispettivamente, inferiore a millecinquecento unità, superiore a millecinquecento e inferiore a tremila e superiore a tremila;

Viene posto un tetto massimo al numero di Facoltà o Scuole (vedi punto c) a seconda delle dimensioni dell’Ateneo e delle caratteristiche culturali.
6 Scuole o Facoltà negli Atenei con un numero di professori e ricercatori di ruolo e ricercatori a tempo determinato inferiore a 1500 unità;
9 Scuole o Facoltà negli Atenei con un numero di professori e ricercatori di ruolo e ricercatori a tempo determinato superiore a 1500 unità;
12 Scuole o Facoltà negli Atenei con un numero di professori e ricercatori di ruolo e ricercatori a tempo determinato inferiore a 3000 unità;
e) previsione della possibilità, per le università con un organico di professori, di ricercatori di ruolo e ricercatori a tempo determinato inferiore a cinquecento unità, di darsi un’articolazione organizzativa interna semplificata cui vengono attribuite unitariamente le funzioni di cui alle lettere a), b) e c);
Per gli Atenei che hanno un numero complessivo di professori e ricercatori di ruolo e ricercatori a tempo determinato inferiore a 500 unità possono costituire strutture di raccordo su un unico livello (Dipartimenti + Scuole/Facoltà)
e)  istituzione di un organo deliberante delle strutture di cui alla lettera c), ove esistenti, composto dai direttori dei dipartimenti in esse raggruppati, da almeno un coordinatore di corso di studio di cui all’articolo 3 del decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 22 ottobre 2004, n. 270, o di area didattica attiva nella struttura, dal presidente della scuola di dottorato, ove esistente, e da una rappresentanza degli studenti; attribuzione delle funzioni di presidente dell’organo ad un professore ordinario afferente alla struttura eletto dall’organo stesso ovvero nominato secondo modalità determinate dallo statuto; durata triennale della carica, rinnovabilità della stessa per una sola volta e incompatibilità dell’incarico con le funzioni di direttore di dipartimento e coordinatore di corso di studio, di area didattica o di dottorato;
Nelle Facoltà o Scuole (raccordo di più Dipartimenti) viene istituito un organo deliberante composto
da: -direttori dei dipartimenti -almeno un coordinatore di corso di studio (quelli presti dal DM. 270/2004) -dal presidente della scuola di dottorato (se presente) -rappresentanza degli studenti
Questo organo deliberante è presieduto da un professore ordinario oppure nominato secondo le norme dello statuto di Ateneo, rinnovabile per una sola volta e di durata triennale. Non viene specificata la numerosità della componente studentesca.
g) istituzione in ciascun dipartimento, senza maggiori oneri a carico della finanza pubblica, di una commissione paritetica docenti-studenti per l’assicurazione della qualità della didattica, competente a svolgere attività di monitoraggio dell’offerta formativa, contribuendo altresì alla valutazione dei risultati della stessa, e a formulare pareri sull’attivazione e la soppressione di corsi studio;
In ogni Dipartimento vengono istituite commissioni paritetiche studenti-docenti per “l’assicurazione
della qualità della didattica”, “attività di monitoraggio dell’offerta formativa” e a “formulare pareri sull’attivazione e la soppressione di corsi di studio”.

Le Commissioni paritetiche in realtà esistono già, e sono state istituite dalla legge 370/99 (art. 6, comma 5) e dai DM 509/99 e DM 270/04 (art. 12, comma 3).
L. 370/1999, articolo 6
5. Gli statuti degli atenei disciplinano l’istituzione di commissioni per l’esame dei problemi relativi allo svolgimento delle attività didattiche presso le competenti strutture e composte pariteticamente da rappresentati dei docenti e degli studenti. Le commissioni esprimono parere circa la compatibilità tra i crediti assegnati alle attività formative e gli
obiettivi formativi programmati dalle strutture didattiche, ai sensi dei decreti che saranno emanati in attuazione dell’articolo 17, comma 95, della legge 15 maggio 1997, n. 127, e successive modificazioni.
D.M. n. 270/2004, articolo 12 (legge del “nuovissimo ordinamento”)
3. Le disposizioni dei regolamenti didattici dei corsi di studio concernenti la coerenza tra i crediti assegnati alle attività formative e gli specifici obiettivi formativi programmati sono deliberate dalle competenti strutture didattiche, previo parere favorevole di commissioni didattiche paritetiche o di altre analoghe strutture di rappresentanza studentesca. Qualora il parere non sia favorevole la deliberazione é assunta dal senato accademico. Il parere é reso entro trenta
giorni dalla richiesta. Decorso inutilmente tale termine la deliberazione é adottata prescindendosi dal parere.
Le funzioni oggi assegnate alle Commissioni Paritetiche sono fondamentali perché hanno il compito di verificate la coerenza tra crediti formativi assegnati e attività didattiche (programmi, ore, obiettivi). Nei fatti sono l’organo che dovrebbe monitorare la qualità dei programmi e della didattica. Per il DM 270 se il parere della Commissione Paritetica non è favorevole la decisione passa al Senato Accademico.
h) garanzia di una rappresentanza elettiva degli studenti negli organi di cui al comma 2, lettere e), g) ed l) e comma 3, lettere c) ed f), in conformità a quanto previsto dal decreto-legge 21 aprile 1995, n. 120, convertito con modificazioni dalla legge 21 giugno 1995, n. 236; attribuzione dell’elettorato passivo agli iscritti per la prima volta e non oltre il primo anno fuori corso ai corsi di laurea, laurea magistrale e dottorato di ricerca dell’università; durata biennale di ogni mandato e rinnovabilità per una sola volta;
Viene confermata per il Senato Accademico, il Consiglio di Amministrazione, il Nucleo di Valutazione e l’organo delle Scuole/Facoltà la rappresentanza degli studenti non inferiore al 15% degli altri componenti. Tale percentuale è prevista dalla legge , n. 236 del 1995. Sicuramente la conferma di questa percentuale è positiva (nonostante sia molto bassa), ma nel complesso la nuova organizzazione degli Atenei risulta molto verticista e centralizzata riducendo di fatto il peso degli studenti.
i)  introduzione di misure a tutela della rappresentanza studentesca, compresa la possibilità di accesso, nel rispetto della vigente normativa, ai dati necessari per l’esplicazione dei compiti ad essa attribuiti.
Si vogliono introdurre “misure a tutela della rappresentanza studentesca” ma non sono specificate. La possibilità di accesso agli atti per la rappresentanza studentesca dovrebbe essere già garantita dalla normativa, perché i rappresentanti sono componenti a tutti gli effetti degli organi deliberanti. Almeno per i CDA, Senati Accademici la possibilità di accesso agli atti è garantita. Capita spesso che l’accesso al materiale sia reso difficoltoso o venga reso noto non in tempi utili.
4. Gli istituti di istruzione universitaria a ordinamento speciale adottano, senza ulteriori oneri per la finanza pubblica, proprie modalità di organizzazione fatto salvo quanto previsto dai commi 2, lettere
a), c), f), h), i), j), k), l), m), e comma 3, lettere g), h) ed i).

Gli Istituti di istruzione universitaria a ordinamento speciale (Alta formazione artistica e musicale) possono adottare forme di organizzazione autonome salvo quanto previsto dai commi 2, lettere a), c), f), h), i), j), k), l), m), e comma 3, lettere g), h) ed i).
5. Per le finalità già previste dalla legge e anche al fine di individuare situazioni di conflitto di interesse e predisporre opportune misure per eliminarle, le università adottano entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge un codice etico.
Entro 180 giorni dall’entrata in vigore della legge gli Atenei devono provvedere ad approvare un codice etico al fine di individuare ed eliminare situazioni di conflitto. Molti Atenei hanno già approvato un simile regolamento ma si tratta in realtà di norme che hanno nessun peso vincolante ed effettivo.
6. In prima applicazione, lo statuto contenente le modifiche statutarie di cui ai commi 2 e 3 è predisposto da apposito organo istituito con decreto rettorale senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica e composto da quindici componenti, tra i quali il rettore con funzioni di presidente, due rappresentanti degli studenti, sei designati dal senato accademico e sei dal consiglio di amministrazione. Ad eccezione del rettore e dei rappresentanti degli studenti, i componenti non possono essere membri del senato accademico e del consiglio di amministrazione. Lo statuto contenente le modifiche statutarie è adottato con delibere del senato accademico e del consiglio di amministrazione.
Gli Atenei devono predisporre un organo per la modifica del proprio statuto composto da 15 componenti compreso il Rettore cosi composto:
-Rettore -2 rappresentanti degli studenti -6 designati dal CDA -6 designati dal Senato Accademico
I membri designati dal Senato e dal Cda non possono essere componenti degli stessi. Il nuovo statuto è approvato con delibera di Senato e Consiglio di Amministrazione. Ad oggi la procedura di statuti è disciplinata dagli stessi statuti di Ateneo come stabilito dall’art. 6, comma 6 della legge n. 168 del 1989:
L. n.168 del 1989 , articolo 6
9. Gli statuti e i regolamenti di ateneo sono deliberati dagli organi competenti dell’università a maggioranza assoluta dei competenti. Essi sono trasmessi al Ministro che, entro il termine perentorio di sessanta giorni, esercita il controllo
di legittimità e di merito nella forma della richiesta motivata di riesame. In assenza di rilievi essi sono emanati dal rettore.
7. In caso di mancato rispetto del termine di cui al comma 2, il Ministero assegna all’università un termine di tre mesi per adottare le modifiche statutarie; decorso inutilmente tale termine, il Ministro costituisce, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica, una commissione composta da tre membri, compreso il presidente, in possesso di adeguata professionalità, con il compito di predisporre le necessarie modifiche statutarie.
Gli Atenei devono procedere con la revisione dello statuto entro 6 mesi dall’entrata in vigore della legge come stabilito dal comma 2. Ci sono ulteriori tre mesi nel caso in cui il termine non venga rispettato. Se anche la proroga di 3 mesi non venisse rispettata il MIUR istituisce una Commissione
di 3 membri con “adeguata professionalità” con il compito di predisporre le modifiche.

La norma è a rischio di incostituzionalità vista l’autonomia che hanno gli Atenei di darsi ordinamenti autonomi.
8. In relazione a quanto previsto dall’articolo 2, commi 2 e 3, entro trenta giorni dalla data di pubblicazione dei nuovi statuti nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, i competenti organi universitari avviano le procedure per la costituzione dei nuovi organi statutari.
Entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge gli Atenei devono avviare le procedure di modifica degli Atenei.
9. Tutti gli organi delle università decadono automaticamente a decorrere dalla data in cui sono costituiti gli organi previsti dal nuovo statuto, ad eccezione del rettore il cui mandato ha durata superiore al tempo necessario per l’adeguamento dello statuto. Gli organi statutari destinati a scadere nel periodo necessario all’adeguamento dello statuto restano in carica fino alla data di costituzione dei nuovi organi.
Con l’entrata in vigore del nuovo statuto decadono tutti gli organi dell’Ateneo ad eccezione del rettore. Di fatto nel periodo della ricostituzione dei nuovi organi accademici (componenti elettive) il Rettore è l’unico organo in carica.
10. Ai fini del computo della durata massima del mandato o delle cariche di cui all’articolo 2, comma 2, lettere a), e), h), è considerato anche il periodo di durata degli stessi già maturato al momento della entrata in vigore dei nuovi statuti.
Per la durata del mandato stabilita dal nuovo statuto (4 anni + 4 anni, o 6 anni) si considera anche il periodo antecedente maturato alla revisione dello statuto.
11. Il rispetto dei principi di semplificazione, efficienza ed efficacia di cui al presente articolo rientra tra i criteri di valutazione delle università valevoli ai fini dell’allocazione delle risorse, secondo criteri e parametri definiti con decreto del Ministro, su proposta dell’Agenzia nazionale per la valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR).
Tra i criteri per la distribuzione delle risorse sono inseriti anche il rispetto della “semplificazione, efficienza ed efficacia” stabiliti dall’articolo 2. Tali criteri sono stabiliti dall’Agenzia Nazionale di Valutazione (ANVUR).
La struttura organizzativa degli atenei diventa oggetto di valutazione per la ripartizione dei fondi. Se un Ateneo dovesse utilizzare i pochissimi spazi concessi per allargare la partecipazione e i processi decisionali rischierebbe di avere penalizzazioni finanziarie. Si cerca in questo modo di scoraggiare strutture accademiche che favoriscono la partecipazione e quindi più allargate e con percorsi decisionali più articolati.
12. A decorrere dalla data di entrata in vigore delle modifiche statutarie, adottate dall’ateneo ai
sensi del presente articolo 2 perdono di efficacia nei confronti dello stesso le seguenti disposizioni: a) l’articolo 16, comma 4, lettere b) ed f), della legge n. 168 del 1989; b) l’articolo 17, comma 110, della legge 15 maggio 1997, n. 127.
Sono abrogate le norme previste dall’articolo 16, comma 4 della Legge n.168 del 1989 lettera b ed f.

Il comma 4 dell’articolo 16 stabilisce i criteri generali ai quali gli statuti degli Atenei devono attenersi:
L. 168/89, art. 16, comma 4
Gli statuti devono comunque prevedere: a) l’elettività del rettore;
b) una composizione del senato accademico rappresentativa delle facoltà istituite nell’ateneo;
c) criteri organizzativi che, in conformità all’articolo 97 della Costituzione, e delle norme che disciplinano le funzioni dirigenziali nelle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, assicurino l’individuazione delle responsabilità e l’efficienza dei servizi;
d) l’osservanza delle norme sullo stato giuridico del personale docente, ricercatore e non docente;
e) l’adozione di curricula didattici coerenti ed adeguati al valore legale dei titoli di studio rilasciati dall’università;
f) una composizione del consiglio di amministrazione che assicuri la rappresentanza delle diverse componenti previste dalla normativa vigente;
g) la compatibilità tra le soluzioni organizzative e le disponibilità finanziarie previste dall’articolo 7.
E’ abolita la norma che stabilisce che il Senato Accademico deve rappresentare tutte le Facoltà dal momento che viene composto su base elettiva, e quella che stabilisce la rappresentatività di tutte le componenti nel CDA.
Articolo 3 Federazione e fusione di atenei e razionalizzazione dell’offerta formativa
1. Al fine di migliorare la qualità, l’efficienza e l’efficacia dell’attività didattica, di ricerca e gestionale, di razionalizzare la distribuzione delle sedi universitarie e di ottimizzare l’utilizzazione delle strutture e delle risorse, due o più università possono federarsi, anche limitatamente ad alcuni settori di attività o strutture, ovvero fondersi.
Viene istituita la possibilità per più Atenei di “federarsi” o “fondersi”. Questo è possibile anche solo per alcuni settori a attività. Come indica il titolo dell’articolo, e gli obiettivi indicati la misura sembra avere più l’obiettivo di razionalizzare (o, meglio, risparmiare) che costruire forme di coordinamento tra attività didattiche e di ricerca.
2. La federazione può avere luogo altresì tra università ed enti o istituzioni operanti nei settori della ricerca e dell’alta formazione.
La federazione può avvenire tra Atenei, istituzioni di alta formazione (ad esempio AFAM e conservatori), ma anche con “enti”. L’articolo non specifica però che cosa si intenda per enti, e soprattutto se essi siano pubblici o privati.
3. La federazione ovvero la fusione ha luogo sulla base di un progetto contenente, in forma analitica, le motivazioni, gli obiettivi, le compatibilità finanziarie e logistiche, le proposte di riallocazione dell’ organico e delle strutture in coerenza con gli obiettivi di cui al comma 1. Nel caso di federazione, il progetto prevede che le eventuali strutture di gestione della stessa sono costituite da componenti degli organi accademici delle università federate, e comunque senza oneri aggiuntivi a carico della
finanza pubblica.

Il progetto di federazione vede avvenire stabilendo gli obiettivi e le motivazioni della stessa, avere la compatibilità finanziaria per essere svolta, e la riorganizzazione delle strutture e del personale. Nel caso di federazione (l’altra possibilità è appunto la fusione) devono essere individuati gli organi di gestione della federazione composti da membri degli organi accademici degli atenei federati. Trattandosi di misura di “razionalizzazione” la procedura deve avvenire ovviamente senza spese aggiuntive.
4. Il progetto di cui al comma 3, deliberato dai competenti organi di ciascuna delle istituzioni interessate, è sottoposto all’esame del Ministero per l’approvazione, sentita l’ANVUR, di concerto con le competenti amministrazioni.
Il progetto di federazione deve essere approvato dagli organi accademici degli Atenei interessati ed è sottoposto all’esame del Miur acquisito il parere dell’ANVUR.
5. In attuazione dei procedimenti di federazione o di fusione di cui al presente articolo, il progetto di cui al comma 3 dispone altresì in merito a eventuali procedure di mobilità dei professori e dei ricercatori nonché del personale tecnico amministrativo. In particolare, per i professori e i ricercatori, l’eventuale trasferimento avviene previo espletamento delle procedure di mobilità di cui all’articolo 4 della legge 3 luglio 1998, n. 210. In caso di esito negativo delle predette procedure di mobilità, il Ministro può provvedere, con proprio decreto, il trasferimento del personale interessato disponendo altresì in ordine all’eventuale concessione agli interessati di incentivi finanziari a carico del fondo di finanziamento ordinario, sentito il Ministero dell’economia e delle finanze.
Si prevedono norme di facilitazione per il trasferimento della docenza e del personale tecnico-amministrativo nelle federazioni di Atenei, anche attraverso incentivi economici.
6. Le disposizioni di cui al comma 5 si applicano altresì a seguito dei processi di revisione e razionalizzazione dell’offerta formativa e della conseguente disattivazione dei corsi di studio universitari, delle facoltà e delle sedi universitarie decentrate, ai sensi dell’articolo 1-ter del decreto-legge n. 7 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 43 del 2005.
La facilitazione della possibilità di trasferimento del personale docente e amministrativo vengono applicate anche dopo le misure di razionalizzazione dell’offerta formativa dovute alla chiusura delle sedi universitarie distaccate. Non è chiaro in che modo la federazione di Atenei possa favorire la riduzione di sedi distaccate visto che l’obiettivo della possibilità di federazione sembra essere anche questo.
Titolo II
Norme e delega legislativa in materia di qualità ed efficienza del sistema universitario
Articolo 4
Fondo per il merito
1. L’ istituito presso il Ministero dell’economia e delle finanze un Fondo speciale per il merito finalizzato a sviluppare l’eccellenza e il merito dei migliori studenti, individuati tramite prove nazionali standard. In particolare, il fondo è destinato a:

a)  erogare ai migliori studenti borse e buoni studio da utilizzare per il pagamento di tasse e
contributi universitari, nonché per la copertura delle spese di mantenimento durante gli
studi;
b)  garantire prestiti d’onore concessi per il finanziamento delle spese di cui alla precedente lettera a).
Viene disciplinata l’istituzione di un “Fondo speciale per il merito” presso il MEF. La destinazione di questo fondo è l’erogazione tramite “prove nazionali standard” di due forme di sostegno economico, borse di studio e buoni, agli studenti risultanti “meritevoli” a queste prove. L’utilizzo di questi finanziamenti deve essere finalizzato al pagamento di tasse e contributi universitari e le spese di mantenimento. Il Fondo ha inoltre la funzione di garanzia dei prestiti d’onore concessi.
Il “Fondo” di cui al presente articolo diventa alternativo al “Fondo integrativo per il diritto allo studio”, con il quale vengono finanziate le borse di studio attualmente. Ma se nel caso di questo Fondo speciale le condizioni reddituali non hanno influenza nell’elargizione delle borse, nel caso del Fondo integrativo tali condizioni familiari sono, invece, la condizione principale per elargire le borse.
L’utilizzo della prova nazionale per elargire le borse di studio ed i buoni, se guardiamo a come funzionano i test d’ingresso per le facoltà a numero chiuso, ci rendiamo conto che, non solo queste borse non hanno niente a che fare con le considerazioni reddituali della famiglia, ma che nulla hanno a che vedere anche con il tema del merito.
Non si capisce, invece, cosa si intenda per “spese di mantenimento durante gli studi”, né se queste borse verrebbero monetizzate, dando così libertà di sfogo ai privati nel momento in cui non si vincolano gli studenti al consumo di pasti e di servizi universitari pubblici. Ma vista la tendenza a considerare il privato più efficiente del pubblico probabilmente la monetizzazione sarà la strada che verrà perseguita, accogliendo una grande e pericolosissima rivendicazione propria del mondo di Comunione e Liberazione nei suoi gruppi universitari.
Infine il Fondo viene posto come garanzia per i prestiti d’onore concessi. In questa maniera si alimenta l’utilizzo dei prestiti d’onore che rischiano di prendere in tutto e per tutto, in questa maniera, il posto delle borse di studio pubbliche. La sicurezza che viene fornita all’utilizzo dei prestiti d’onore porterà l’effettività del diritto allo studio nelle mani di privati che elargiranno prestiti d’onore agli studenti con la certezza che lo Stato rifonderà l’eventuale mancanza dello studente, cancellando completamente il rapporto tra Stato e studente che ha radici nel dettame costituzionale.
2. Il Ministero, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, disciplina con propri decreti:

i criteri di accesso alle prove nazionali standard;
i criteri e le modalità di attribuzione delle borse e dei buona e di accesso ai finanziamenti garantiti;
l’ammontare delle borse e dei buoni e i criteri e modalità per la loro eventuale differenziazione;
l’ammontare massimo garantito per ciascuno studente per ciascun anno, in ragione delle spese in tasse e contributi universitari e di tipiche spese di mantenimento;
i requisiti di merito che gli studenti devono rispettare nel corso degli studi per mantenere il diritto a borse, buoni e finanziamenti garantiti;
le modalità di utilizzo di borse, buoni e finanziamenti garantiti;
le caratteristiche dei finanziamenti;
le modalità di utilizzo del Fondo e la ripartizione dello stesso fondo tra le destinazioni di cui al comma 1.

Il comma mette in rilievo la concertazione che avverrebbe tra Miur e Mef per discplinare quanto esplicitato. La questione rilevante è contenuta nella lettera e). Da lì, infatti, si evince che è possibile mantenere negli anni l’eventuale borsa di studio, il che significa che, se il numero di beneficiari sarà predeterminato e se tutti gli studenti che ottengono tali agevolazioni riescono a mantenerle anche negli anni successivi, il numero di agevolazioni crescerà in maniera lineare negli anni ed inevitabilmente sarà a discapito del Fondo integrativo per il diritto allo studio.
3. L’erogazione delle prove nazionali standard, da effettuarsi secondo i migliori standard tecnologici e di sicurezza, è effettuata dalla società di cui al comma 4, secondo modalità individuate dal Ministero, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, che disciplinano altresì il contributo massimo richiesto agli studenti per la partecipazione alle prove. Per l’elaborazione dei contenuti delle prove il Ministero può avvalersi dell’ANVUR e dell’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (INVALSI).
Da questo comma apprendiamo che le prove saranno a carico degli studenti, dovranno pagare se vorranno partecipare a queste prove.
Preoccupano i “migliori standard tecnologici e di sicurezza”. Quanto bisognerà spendere? Anzi quanto bisognerà togliere al Fondo integrativo per il diritto allo studio per avere degli “standard tecnologici e di sicurezza” per prove che non hanno niente a che fare con le condizioni economiche e, visto che presumibilmente saranno del tutto simili ai test d’ingresso alle facoltà a numero chiuso, nemmeno con il decantato “merito”?
L’ANVUR, inoltre, ancora non è un ente costituito. Per ora sono solo documenti cartacei, e nemmeno troppo positivi.
Di seguito, invece, l’INVALSI.
Da Wikipedia
“L’Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema dell’Istruzione è un ente di ricerca con personalità giuridica di diritto pubblico, il quale, sotto il patrocinio del Ministero della Pubblica Istruzione ha raccolto, dal 1999 l’eredità del Centro Europeo dell’Educazione (CEDE) istituito nei primi anni settanta del secolo scorso. Ha sede presso Villa Falconieri a Frascati. I compiti principali dell’istituto sono incentrati in gran parte sulla valutazione del sistema scolastico italiano, con le seguenti principali attività:
•  verifiche sistematiche e periodiche sulle abilità e conoscenze degli studenti, e sulla qualità dell’offerta didattica e formativa delle istituzioni; in particolare gestisce il Sistema Nazionale di Valutazione (SNV)
• preparazione annuale dei testi della prova scritta nazionale volta a verificare i livelli di apprendimento
conseguiti dagli studenti nell’esame di Stato al terzo anno della scuola secondaria di primo grado (comunemente nota come Test INVALSI)”
4. La gestione della operatività del Fondo, dei rapporti amministrativi con università e studenti e del processo di erogazione delle prove nazionali standard, è affidata a Consap s.p.a. la quale, secondo modalità stabilite in apposita convenzione stipulata con i Ministeri competenti, provvede a:

gestire l’operatività del fondo e i rapporti amministrativi con le università e gli studenti, secondo le modalità disciplinate nella convenzione;
erogare le prove nazionali standard;
predisporre gli schemi di contratti di finanziamento secondo gli indirizzi ministeriali nonché prevedendo, per il finanziamento delle proprie attività, un contributo a carico degli istituti concedenti pari all’1 percento delle somme erogate e allo 0,1 per cento delle rate rimborsate;
monitorare, con idonei strumenti informatici, la concessione dei finanziamenti, il rimborso degli stessi, nonché l’esposizione del Fondo;
avviare idonee iniziative di divulgazione e informazione, nonché fornire assistenza a studenti e università in merito alle modalità di accesso ai finanziamenti;
selezionare, con procedura competitiva, l’istituto o gli istituti finanziari fornitori delle provviste finanziarie.

In questo comma si rende esplicita la società Consap S.p.A. chiamata a gestire queste prove di valutazione.
Da Wikipedia
“La Consap P.p.A. è la denominazione ristretta Concessionaria Servizi Assicurativi Pubblici. La società gestisce servizi su concessione dei ministeri delle Attività Produttive, dell’Interno e dell’Economia. Alcune di queste attività -ad esempio le cosiddette “cessioni legali” -sono state in precedenza svolte dall’Ina (Istituto Nazionale delle Assicurazioni); questa compagnia è stata ceduta dallo Stato alle Assicurazioni Generali negli anni ’90. Presso la Consap è istituito il Fondo garanzia per le vittime della strada.”
La Consap si andrà così ad occupare di gestire le operazioni del Fondo, gestire i rapporti con studenti e Atenei ed erogare materialmente le prove. Tutte le operazioni che andrà a coprire la Consap dovranno essere disciplinate da una convenzione tra Miur eMef. I costi di funzionamento di queste operazioni saranno finanziate con una percentuale dell”1% sui finanziamenti che vengono da terzi e dello 0,1% sulle rate rimborsate.
La Consap, inoltre, si assume l’onere di una adeguata informazione e divulgazione dei test e delle modalità di accesso. Questo punto potrebbe essere sottoposto a giudizi arbitrari rispetto all’adeguatezza dellla divulgazione, il cui rischio è di avere un numero limitato di studenti e lasciare pilotare più facilmente le prove e i conseguenti finanziamenti.

4. Agli oneri derivanti dall’attuazione del presente articolo si provvede mediante utilizzo del Fondo.

5. Il Ministero dell’economia e delle finanze, con propri decreti, determina, secondo criteri di mercato, il contributo per la concessione della garanzia, da prelevarsi a valere sui finanziamenti erogati.

6. Il Fondo speciale è alimentato con trasferimenti pubblici e con versamenti effettuati a titolo spontaneo e solidale effettuati da privati, società, enti e fondazioni, anche vincolati, nel rispetto delle finalità del fondo, a specifici usi. Il Ministero, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, promuove, anche con apposite convenzioni, il concorso del settore privato e disciplina con proprio decreto le modalità con cui i soggetti donatori possono partecipare allo sviluppo del Fondo.

7. All’articolo 10, comma 1, lettera l-quater, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, dopo le parole: “articolo 59, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388,” sono aggiunte le seguenti parole: “del Fondo per il merito”.

Il comma 7 è, in chiusura dell’articolo 4, di rilievo. Si tratta di fatto dell’apertura di questo Fondo speciale a versamenti privati di ogni genere. Preoccupa il passaggio per cui questi finanziamenti privati potrebbero essere vincolati a specifici usi. Insomma, rimane tutto un po’ vago senza la convenzione per la gestione del Fondo, ma più che vago si ha l’impressione che chi l’ha scritto abbia già tutto pronto, ma che non sia possibile svelare il tutto prima del tempo. Il senso che questo comma da, nel finale, è che il Fondo in questione sia gestito in maniera pubblica ma la cui sostanza si presuppone che nel lungo periodo sia di ottima parte privata.

Articolo 5 Delega legislativa in materia di interventi per la qualità e l’efficienza del sistema universitario
1. Il Governo è delegato ad adottare, senza maggiori oneri a carico della finanza pubblica, entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi finalizzati a riformare il sistema universitario per il raggiungimento dei seguenti obiettivi:
valorizzazione della qualità e dell’efficienza delle università e conseguente introduzione di meccanismi premiali nella distribuzione delle risorse pubbliche, anche mediante previsione di un sistema di accreditamento delle università;
revisione della disciplina concernente la contabilità, al fine di garantirne coerenza con la programmazione strategica triennale di ateneo, maggiore trasparenza ed omogeneità e di consentire l’individuazione della esatta condizione patrimoniale dell’ateneo e l’andamento complessivo della gestione; previsione di meccanismi di commissariamento in caso di dissesto finanziario degli stessi;
valorizzazione e qualificazione delle attività didattiche e di ricerca del personale accademico, disciplina delle posizioni a tempo pieno e a tempo definito e valutazione dei risultati conseguiti;
introduzione di un sistema di valutazione ex post delle politiche di reclutamento degli atenei;
revisione della normativa in materia di diritto allo studio e contestuale definizione dei livelli essenziali delle prestazioni destinati a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano l’accesso all’istruzione universitaria.

In questo comma si esplicita subito che si intende riformare il sistema universitario a costo zero, “senza maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. Si precisa, inoltre, che i decreti legislativi per raggiungere gli obiettivi che si da sono da emanare non più tardi di dodici mesi dall’entrata in vigore di questo disegno di legge. Gli obiettivi elencati vengono poi esplicitati nei successivi commi, punto per punto.
2. Nell’esercizio della delega di cui al comma 1, lettera a), il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:
a) introduzione di un sistema di accreditamento delle sedi e dei corsi di studio e di dottorato universitari di cui all’articolo 3 del decreto ministeriale n. 270 del 2004, fondato sull’utilizzazione di specifici indicatori definiti dall’ANVUR per la verifica del possesso da parte degli atenei di idonei requisiti didattici, strutturali, organizzativi, di qualificazione dei docenti e delle attività di ricerca nonché di sostenibilità economico-finanziaria;
b) introduzione di un sistema di valutazione periodica, da parte dell’ANVUR, dell’efficienza e dei risultati conseguiti nell’ambito della didattica e della ricerca dalle singole università e dalle loro articolazioni interne;
c) potenziamento del sistema di autovalutazione della qualità e dell’efficacia delle proprie attività da parte delle università, anche avvalendosi dei propri nuclei di valutazione e dei contributi provenienti dalle commissioni paritetiche di cui all’articolo 2, comma 3, lettera g);
d) previsione di meccanismi volti a garantire incentivi correlati al conseguimento dei risultati di cui alla lettera b), compatibilmente con la disponibilità del fondo di finanziamento ordinario.

Ecco esplicitata alla lettera a. la volontà di creare il sistema di accreditamento del particolare, dei corsi di studio e dei dottorati, attraverso strumenti di verifica che saranno propri dell’ANVUR. L’accreditamento dei corsi di studio, dei dottorandi, presumibilmente verrà legato all’abolizione del valore legale del titolo di studi universitari.
Ogni articolazione del comma in realtà è una prospettiva di valutazione dell’attività dell’Ateneo. Alla lettera d) si cita anche la possibilità di incentivi per risultati positivi, incentivi che vengano distribuiti in caso di disponibilità del FFO. E’ di certo paradossale che si parli di incentivi finanziari che gravino sul FFO visto che per i prossimi anni sarà in drastica riduzione. Avrebbe probabilmente avuto più senso non procedere con tagli al FFO (quelli previsti nella L. 133), utilizzare strumenti capillari di valutazione ed effettuare tagli solo dietro valutazioni negative che perdurano negli anni.
3. Nell’esercizio della delega di cui al comma 1, lettera b), il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:
a) introduzione della contabilità economico-patrimoniale e analitica e del bilancio consolidato di ateneo sulla base di apposite linee guida e comuni modalità di rappresentazione dei dati finanziari e contabili stabilite e aggiornate dal Ministero, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI), in conformità alla normativa vigente;
b) adozione di un piano economico-finanziario triennale al fine di garantire la sostenibilità di tutte le attività dell’ateneo;
c) predisposizione di un programma triennale diretto a riequilibrare, entro percentuali definite dal Ministero e secondo criteri di piena sostenibilità finanziaria, la consistenza dei posti di personale docente, ricercatore e tecnico-amministrativo, ed il numero dei professori di cui all’articolo 1, comma 9, della legge 4 novembre 2005, n. 230; previsione che la mancata adozione, parziale o totale, del predetto piano, comporta la non erogazione delle quote di finanziamento ordinario relative alle unità di personale che eccedono i limiti previsti;
d) determinazione di un limite massimo all’incidenza complessiva delle spese per il servizio del debito e delle spese per il personale di ruolo, inclusi gli oneri per la contrattazione integrativa, sulle entrate complessive dell’ateneo, al netto di quelle a destinazione vincolata;
e) introduzione del costo standard unitario di formazione per studente in corso, calcolato secondo indici commisurati alle diverse tipologie dei corsi di studio, cui collegare l’attribuzione all’università di una percentuale della parte di fondo di finanziamento ordinario non assegnata ai sensi dell’articolo 2 del decreto-legge n. 180 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 1 del 2009; individuazione degli indici da utilizzare per la quantificazione del costo standard unitario di formazione per studente in corso;
f) previsione della declaratoria di dissesto finanziario nelle ipotesi in cui l’università non può garantire l’assolvimento delle proprie funzioni indispensabili, nell’ipotesi in cui l’ateneo non può far fronte ai debiti liquidi ed esigibili nei confronti dei terzi e, comunque, quando il disavanzo dell’ateneo risulta superiore al dieci per cento del proprio bilancio;
g) disciplina delle conseguenze del dissesto finanziario con previsione dell’inoltro da parte del Ministero di preventiva diffida e sollecitazione a predisporre entro un termine non superiore a centottanta giorni, un piano di rientro finanziario da sottoporre all’approvazione del Ministero, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, e da attuare nel limite massimo di un quinquennio; previsione delle modalità di controllo periodico dell’attuazione del predetto piano;
h) previsione, per i casi di mancata predisposizione ovvero di mancata approvazione ovvero omessa o incompleta attuazione del piano, del commissariamento dell’ateneo e disciplina delle modalità di assunzione da parte del Governo, su proposta del Ministro, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, della delibera di commissariamento e di nomina di
uno o più commissari con il compito di provvedere alla predisposizione ovvero all’attuazione del piano di rientro finanziario;

4. Nell’esercizio della delega di cui al comma 1, lettere c) e d), il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:
determinazione dell’impegno dei professori universitari e dei ricercatori universitari nei regimi del tempo pieno e del tempo definito anche in relazione alla specificità degli ambiti scientifici di appartenenza e alle connessioni con attività professionali, sentiti l’ANVUR e il CUN;
disciplina delle modalità di passaggio dall’uno all’altro regime di cui alla lettera a);
disciplina dell’impegno, rispettivamente, dei professori e ricercatori a tempo pieno e a tempo definito per attività di ricerca, di studio e di insegnamento con i connessi compiti preparatori e di verifica, e organizzativi, anche con quantificazione dell’impegno complessivo, per i fini che lo richiedono, compresa l’attività di ricerca e di studio, di millecinquecento ore annue e di quello specifico da riservare ai compiti didattici e di servizio per gli studenti di trecentocinquanta ore annue per il regime di tempo pieno e di duecentocinquanta per quello di tempo definito;
disciplina della modalità di verifica dell’effettivo svolgimento nella misura prevista dei compiti didattici e di servizio; disciplina della verifica dell’impegno scientifico dei professori e dei ricercatori a tempo pieno e di quelli a tempo definito, anche attraverso i titoli prodotti e la relazione di cui alla lettera f); esclusione dei professori e dei ricercatori, in caso di valutazione negativa, dalle commissioni di abilitazione, di selezione e promozione del personale accademico, di esame di Stato, nonché dagli organi di valutazione di progetti di ricerca;
individuazione dei casi di incompatibilità tra la posizione di professore e ricercatore universitario e l’esercizio di altre attività o incarichi; definizione delle condizioni per l’assunzione di incarichi anche retribuiti di studio, di insegnamento, di ricerca, gestionali, di consulenza e di collaborazione scientifica per conto di enti pubblici o di soggetti privati, fatta comunque salva la possibilità di svolgere liberamente attività anche retribuite di comunicazione e divulgazione scientifica e culturale, nonché di valutazione;
disciplina dell’obbligo per i professori universitari di presentare periodicamente una relazione triennale sul complesso delle attività didattiche, di ricerca e gestionali svolte, anche ai fini dell’attribuzione dello scatto stipendiale di cui agli articoli 36 e 38 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, e delle relative modalità di verifica;
previsione di procedure di mobilità dei professori e ricercatori universitari e introduzione di meccanismi di incentivazione volti a favorire la stessa; previsione che in caso di trasferimento
o mobilità, i professori ed i ricercatori di ruolo nonché i ricercatori a tempo determinato responsabili di progetti di ricerca finanziati da soggetti diversi dall’università di appartenenza conservano la titolarità dei progetti e dei relativi finanziamenti;
h. previsione di procedure di mobilità professionale dei professori e ricercatori per lo svolgimento di attività, previo collocamento in aspettativa, presso soggetti e organismi pubblici o privati anche a scopo di lucro;
i. previsione di un fondo di rotazione a garanzia del riequilibrio finanziario degli atenei;
j. revisione della disciplina del trattamento economico dei professori e dei ricercatori universitari già in servizio e di quelli vincitori di concorsi indetti fino alla data di entrata in vigore della presente legge, come determinato dagli articoli 36, 38 e 39 del decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980 e successive modifiche, e, in particolare, trasformazione degli scatti biennali di cui agli articoli 36 e 38 del decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980 in scatti triennali, con invarianza del complessivo trattamento retributivo;
k. revisione del trattamento economico dei ricercatori non confermati a tempo indeterminato, con particolare riferimento al primo anno di attività;
l. riconoscimento ai professori e ai ricercatori universitari, nei limiti e con le modalità di cui all’articolo 103, settimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980, dell’attività effettivamente prestata in Italia ai sensi del decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica 26 gennaio 2001, e successive modificazioni;
m. rimodulazione della progressione economica e dei relativi importi, anche su base premiale, per i professori e ricercatori assunti ai sensi della presente legge o che hanno optato per la nuova modulazione, con rivalutazione del trattamento iniziale ed eliminazione delle procedure di ricostruzione di carriera;
n. possibilità, per i professori e i ricercatori nominati secondo il regime previgente, di optare per il regime di cui alla lettera m)
o. attribuzione di una quota del fondo di finanziamento ordinario delle università correlata a meccanismi di valutazione delle politiche di reclutamento degli atenei, fondati sulla produzione scientifica dei professori successiva al loro inquadramento in ruolo, la percentuale di ricercatori a tempo determinato in servizio che non hanno trascorso l’intero percorso di dottorato e di post-dottorato nella medesima università, la percentuale dei professori e ricercatori in servizio responsabili scientifici di progetti di ricerca internazionali e comunitari e il grado di internazionalizzazione del corpo docente.

5. Nell’esercizio della delega di cui al comma 1, lettera e), il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:

a. riordino della normativa di principio in materia di diritto allo studio nelle università e nelle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica, di seguito denominate “istituzioni di istruzione superiore”, al fine di definire i livelli essenziali delle prestazioni idonei a garantire la rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano l’accesso ed il conseguimento della laurea, della laurea magistrale e del dottorato di ricerca agli studenti capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi;

b. individuazione dei beneficiari delle prestazioni di cui alla lettera a) con riguardo agli studenti iscritti ai corsi di studio delle istituzioni di istruzione superiore;

c. disciplina triennale, sentiti la Conferenza Stato-Regioni di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, il Consiglio nazionale degli studenti universitari (CNSU), il Consiglio nazionale per l’alta formazione artistica musicale e coreutica (CNAM), la CRUI e il CUN, dei seguenti aspetti:

1. requisiti relativi al merito e alla condizione economica degli studenti sulla base della situazione economica equivalente di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, e successive modificazioni;

2. importi minimi delle borse di studio e termine massimo per l’erogazione dei relativi ratei;

3.  criteri per l’attribuzione alle Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano delle risorse statali destinate allo scopo e per la rendicontazione delle modalità d’impiego delle stesse;

4.  facoltà per le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano di prevedere prestazioni ulteriori rispetto ai livelli essenziali di cui alla lettera a);

d. incentivazione di accordi di programma tra Ministero, Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano e istituti di istruzione superiore compresi nel loro ambito territoriale, al fine di elaborare strategie di intervento per il miglioramento dei servizi in favore degli studenti e favorire la trasferibilità transregionale delle borse di studio e dei sussidi assegnati al fine di favorire la mobilità studentesca;
e. disciplina da parte del Ministero dei requisiti minimi necessari per l’accreditamento dei collegi universitari e delle residenze universitarie anche gestite da soggetti privati convenzionati con gli atenei.

Il comma 5 articola quanto disciplinato nella lettera e) del comma 1, la delega al Governo per riformulare la normativa del diritto allo studio. Contestualmente alla riforma del diritto allo studio c’è la ridefinizione dei livelli essenziali delle prestazioni per rendere effettivo il diritto allo studio. Se da un lato potrebbe essere l’occasione per allargare la platea degli aventi diritto ad agevolazioni economiche per lo studio, dall’altro potrebbe essere molto rischioso, sopratutto alla luce delle conseguenze dei provvedimenti governativi che ridurranno il numero di studenti a causa delle barriere all’accesso di diversa natura.
La ratio che sta dietro questo comma è probabilmente la ristrutturazione intera del sistema del diritto allo studio. Questo deve molto preoccupare perché la ragione principale per cui non vi è in Italia piena effettività del diritto allo studio è la scarsità di finanziamenti pubblici. Visto l’indirizzo preso dal Governo teso a ridurre il peso dell’Università sulla spesa pubblica ed i contenuti di questo ddl in materia, è del tutto prevedibile che l’intenzione è anche in questo campo il ridurre la spesa pubblica introducendo strumenti privati per l’erogazione dei servizi atti a rendere effettivo il diritto allo studio.
6. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati, su proposta del Ministro, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, e, previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni relativamente alle disposizioni di cui al comma 5, sono trasmessi alle commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, le quali esprimono il proprio parere entro quarantacinque giorni dalla data di trasmissione; decorso tale termine, i decreti sono adottati anche in mancanza del parere. Qualora il termine per l’espressione del parere parlamentare scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine di cui al comma 1, o successivamente, quest’ultimo termine è prorogato di sessanta giorni.
I decreti legislativi previsti da questo articolo, al primo comma, devono essere concertati tra i Ministeri dell’istruzione, dell’economia e della pubblica amministrazione, e con l’intesa preventiva della Conferenza Stato-Regioni. E’ richiesto, entro limiti temporali di 45 giorni, il parere delle commissioni parlamentari competenti. Qualora le commissioni non trasmettano in 45 giorni dalla richiesta di parere, i decreti vengono adottati ugualmente.
7.Entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1, il Governo può adottare eventuali disposizioni integrative e correttive, con le medesime modalità e nel rispetto dei medesimi principi e criteri direttivi.
Articolo 6 Disciplina di riconoscimento dei crediti
1. All’articolo 2, comma 147, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, la parola: “sessanta” è sostituita dalla seguente: “dodici”. Al medesimo comma è aggiunto il seguente periodo: “Il riconoscimento deve essere effettuato esclusivamente sulla base delle competenze dimostrate da ciascuno studente. Sono escluse forme di riconoscimento attribuite collettivamente.”.
L. 286, 24 novembre 2006. Articolo 2.
147. All’articolo 22, comma 13, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, nel primo periodo, le parole: «e’ riconosciuto» sono sostituite dalle seguenti: «puo’ essere riconosciuto». Le universita’ disciplinano nel proprio regolamento didattico

le conoscenze e le abilita’ professionali, certificate ai sensi della normativa vigente in materia, nonche’ le altre conoscenze e abilita’ maturate in attivita’ formative di livello post-secondario da riconoscere quali crediti formativi. In ogni caso, il numero di tali crediti non puo’ essere superiore a sessanta.
Si riduce fortemente la possibilità di farsi riconoscere dei crediti per attività formative svolte. Si passa dal limite massimo di sessanta crediti, equivalenti ad un anno di esami, a dodici crediti.
E’, invece, importate e positiva l’esclusione di riconoscimenti collettivi di attività formative, pratica molto diffusa tesa a vedersi riconoscere una laurea dovendo sostenere appena qualche esame grazie ad accordi che intercorrono tra il proprio ente in cui si lavora e l’Ateneo.
TITOLO III Norme in materia di personale accademico e riordino della disciplina concernente il reclutamento
Articolo 7 Revisione dei settori scientifico-disciplinari
1. Entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, il Ministro provvede, con decreto di natura non regolamentare, sentito il CUN, alla revisione dei settori scientifico-disciplinari, assicurando l’afferenza di almeno cinquanta professori di prima fascia in ciascun settore, fatta salva la possibilità di determinare raggruppamenti di dimensioni minori in presenza di particolari motivazioni scientifiche. I settori scientifico-disciplinari affini sono raggruppati in macrosettori scientifico-disciplinari.
Articolo 8 Istituzione dell’abilitazione scientifica nazionale

1. E’ istituita l’abilitazione scientifica nazionale, di seguito denominata “abilitazione”. L’abilitazione ha durata quadriennale ed è distinta per le funzioni di professore di prima e di seconda fascia. L’abilitazione attesta la qualificazione scientifica che costituisce, fatto salvo quanto previsto dal comma 3, lettera k), requisito necessario per l’accesso alla prima e alla seconda fascia dei professori.

2. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con uno o più regolamenti emanati ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro della pubblica amministrazione e dell’innovazione, sono disciplinate le modalità di espletamento delle procedure finalizzate al conseguimento dell’abilitazione, in conformità ai criteri di cui al comma 3.

3. I regolamenti di cui al comma 2 prevedono:

a)  l’attribuzione dell’abilitazione con motivato giudizio fondato sulla valutazione analitica dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche ed espresso sulla base di criteri e parametri differenziati per funzioni e per area disciplinare e definiti con decreto del Ministro;
b)  meccanismi di verifica quinquennale dell’adeguatezza e congruità dei criteri e parametri di
cui alla lettera a) e di revisione o adeguamento degli stessi con apposito decreto ministeriale; c) l’indizione, con frequenza annuale, delle procedure per il conseguimento dell’abilitazione; d) i termini e le modalità di espletamento delle procedure di abilitazione, distinte per settori
scientifico-disciplinari, e l’individuazione di modalità, anche informatiche, idonee a consentire la conclusione delle stesse entro cinque mesi dall’indizione; la garanzia della pubblicità degli atti e dei giudizi espressi dalle commissioni giudicatrici;
e)  la formazione, per ciascun settore scientifico-disciplinare, senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica, di un’unica commissione nazionale di durata biennale per le procedure di abilitazione alle funzioni di professore di prima e di seconda fascia, mediante sorteggio di quattro commissari all’interno di una lista di professori ordinari costituita ai sensi della lettera g) e sorteggio di un commissario all’interno di una lista, curata
dall’ANVUR, di studiosi e di esperti di pari livello in servizio presso università di un Paese aderente all’OCSE;

f)  che della commissione di cui alla lettera e) non può far parte più di un commissario della stessa università; che i commissari in servizio presso atenei italiani possono, a richiesta, essere parzialmente esentati dalla ordinaria attività didattica, nell’ambito della programmazione didattica e senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica; che ai commissari in servizio all’estero è corrisposto un compenso determinato con decreto non regolamentare del Ministro, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze;
g)  che il sorteggio di cui alla lettera e) è effettuato all’interno di liste, una per ciascun settore scientifico-disciplinare, contenente i nominativi dei professori ordinari appartenenti allo stesso che hanno presentato domanda per esservi inclusi, corredata dalla documentazione concernente la propria attività scientifica complessiva, con particolare riferimento all’ultimo quinquennio; l’inclusione nelle liste dei soli professori positivamente valutati ai sensi dell’articolo 5, comma 4, lettera d), ed in possesso di un curriculum, reso pubblico per via telematica, coerente con i criteri e i parametri di cui alla lettera a), riferiti alla fascia e al settore di appartenenza;
h)  l’integrazione delle liste di cui alla lettera g) con i professori di prima fascia appartenenti ai settori scientifico-disciplinari dello stesso macrosettore candidatisi ai sensi della medesima lettera, nel caso in cui il numero dei professori afferenti al settore oggetto dell’abilitazione e candidabili ai sensi della lettera g), è inferiore a cinquanta, assicurando comunque un’adeguata presenza dei professori appartenenti a quest’ultimo;
i)  il divieto per i commissari di far parte contemporaneamente di più di una commissione di abilitazione e, per tre anni dalla conclusione del mandato, di commissioni per il conferimento dell’abilitazione relativa a qualunque settore scientifico-disciplinare;
j)  la preclusione, in caso di mancato conseguimento dell’abilitazione, a partecipare alle procedure indette nel biennio successivo per l’attribuzione della stessa, ovvero nel triennio per l’attribuzione dell’abilitazione alla funzione superiore, anche se concernente altro settore scientifico-disciplinare;
k)  le apposite modalità per il riconoscimento dell’abilitazione scientifica nazionale a studiosi italiani o stranieri appartenenti ad università o istituti di ricerca esteri, e le misure volte a garantire pari opportunità di accesso alle procedure di abilitazione anche a studiosi operanti all’estero;
l)  che il possesso dell’abilitazione costituisce titolo preferenziale per l’attribuzione dei contratti di insegnamento di cui all’articolo 11, comma 2;
m)  lo svolgimento delle procedure per il conseguimento dell’abilitazione presso università dotate di idonee strutture e l’individuazione delle procedure per la scelta delle stesse; le università prescelte assicurano le strutture e il supporto di segreteria nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili e sostengono gli oneri relativi al funzionamento di ciascuna commissione; di tale onere si tiene conto nella ripartizione del fondo di finanziamento ordinario;
n)  che l’idoneità conseguita ai sensi della legge n. 210 del 1998 è equipollente all’abilitazione limitatamente al periodo di durata della stessa di cui all’articolo 1, comma 1, lettera g), della predetta legge.
Articolo 9 Reclutamento e progressione di carriera del personale accademico

1. Le procedure di reclutamento sono avviate sulla base della programmazione triennale di cui all’articolo 1, comma 105, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e di cui all’articolo 1-ter del decreto-legge n. 7 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 43 del 2005, nonché delle disposizioni in materia di dotazione organica di cui all’articolo 5, comma 3, lettera c). La programmazione assicura tra l’altro la sostenibilità nel tempo degli oneri stipendiali anche alla luce dei maggiori oneri derivanti dall’attribuzione degli scatti stipendiali, dagli incrementi annuali e dalla dinamica di progressione di carriera del personale. La programmazione assicura altresì, in sede di rinnovo dei contratti di cui all’articolo 12, comma 4, la sussistenza di adeguata disponibilità finanziaria in relazione al verificarsi di quanto previsto dal comma 6 del medesimo articolo.

2. Le università procedono alla copertura di posti di professore di prima e seconda fascia e all’attribuzione dei contratti di ricercatori a tempo determinato di cui all’articolo 12, eccezion fatta per

quanto previsto dall’articolo 12, comma 9, mediante procedure di selezione pubblica basate sulla
valutazione delle pubblicazioni scientifiche e del curriculum complessivo dei candidati e disciplinate
da apposito regolamento in conformità ai principi enunciati dalla Carta europea dei ricercatori e
specificamente ai seguenti criteri: a) pubblicazione dei bandi sul sito dell’ateneo e nei siti del Ministero e dell’Unione Europea, nonché inserimento nei bandi di informazioni dettagliate sulle specifiche funzioni, sui diritti e i doveri relativi alla posizione e sul trattamento economico e previdenziale spettante; b) ammissione alle procedure di accesso al ruolo di professore di prima o di seconda fascia, fatto salvo quanto disposto dall’articolo 8, comma 3, lettera k), degli studiosi in possesso dell’abilitazione per il settore scientifico-disciplinare e per le funzioni oggetto del bando, ovvero per funzioni superiori purché non titolari di tali funzioni presso altro ateneo; c) istituzione, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica, di una commissione di almeno cinque membri con il compito di istruire le procedure di selezione e composta da tutti i professori ordinari della struttura di cui all’articolo 2, comma 3, lettera c), appartenenti al settore scientifico-disciplinare oggetto del bando, ovvero, qualora questi siano in numero superiore a sette, da una rappresentanza eletta al loro interno; limitatamente alle procedure di selezione relative a ricercatori a tempo determinato, la commissione è composta anche da professori associati confermati della medesima struttura afferenti al settore scientifico-disciplinare oggetto del bando, in misura non superiore a un terzo del numero dei professori ordinari che fanno parte della commissione; detta rappresentanza è eletta da tutti i professori associati della struttura afferenti al settore scientifico-disciplinare oggetto del bando; qualora il numero dei professori ordinari ovvero associati in servizio nell’ateneo per il settore scientifico-disciplinare oggetto della valutazione sia inferiore a cinque, la commissione è integrata con docenti di pari livello anche di altri atenei di settori affini secondo la normativa vigente ovvero con docenti del medesimo settore di altri atenei scelti all’interno della lista di cui all’articolo 8, comma 3, lettera e); possesso da parte dei componenti della commissione dei requisiti di cui all’articolo 8, comma 3, lettera g); d) disciplina delle modalità per la selezione dei candidati da invitare a tenere una lezione pubblica nella sede dell’ateneo che ha indetto la procedura con esclusione di prove scritte o orali; e) facoltà per la commissione, al termine delle procedure di selezione e in assenza di candidati in possesso di adeguati requisiti di merito, di non indicare alcun candidato ai fini delle procedure di cui alla lettera f); f) formulazione della proposta di chiamata da parte del dipartimento, ovvero della struttura di cui all’articolo 2, comma 3, lettera e), con voto favorevole della maggioranza dei professori di prima fascia, relativamente alle chiamate dei professori di prima e seconda fascia, e dei professori di prima e seconda fascia relativamente alle chiamate dei ricercatori a tempo determinato; la proposta, corredata del parere favorevole dell’organo di cui all’articolo 2, comma 3, lettera f), è deliberata dal consiglio di amministrazione su proposta motivata del rettore; g) nelle procedure di selezione per posti di ricercatore a tempo determinato, qualora entro trenta giorni dalla certificazione della regolarità degli atti da parte del rettore il vincitore rinunci alla nomina, il rettore può richiedere alla commissione, entro e non oltre i successivi sessanta giorni, altra proposta di chiamata, fermo restando quanto previsto dalla lettera e); h) facoltà per gli istituti a ordinamento speciale e le università non statali di disciplinare autonomamente la composizione della commissione di cui alla lettera c) nonché le procedure di cui alla lettera f), fermo restando il numero minimo di cinque componenti.
3. Le università procedono altresì alla copertura di posti di professore di prima e seconda fascia
mediante: a) procedure di selezione riservate al personale in servizio nell’ateneo; b) procedure di chiamata diretta di cui all’articolo 1, comma 9, legge n. 230 del 2005, e
successive modificazioni; c) procedure di chiamata diretta di cui all’articolo 12, comma 6, a partire dal quinto anno successivo alla stipula dei contratti di cui al medesimo articolo.

4. Le procedure di cui al comma 3, di cui viene comunque assicurata la pubblicità all’interno dell’ateneo, si svolgono con le modalità di cui al comma 2, lettere b), c), d), e), f) e h).

5. Nei cinque anni successivi all’attivazione delle procedure di selezione di cui all’articolo 12, le
procedure di reclutamento di cui ai commi 2 e 3 sono programmate e avviate nel rispetto dei seguenti
vincoli: a) non più di un terzo dei posti di professore di ruolo di prima e di seconda fascia, la cui copertura è programmata da ciascun dipartimento, ovvero da ciascuna struttura di cui all’articolo 2, comma 3, lettera e), può essere destinato alle procedure di cui al comma 3, lettera a); b) almeno un terzo dei posti di professore di prima e di seconda fascia resi disponibili in ciascun dipartimento, ovvero da ciascuna struttura di cui all’articolo 2, comma 3, lettera e), è coperto da professori non in ruolo presso l’università banditrice da almeno cinque anni.

6.  Decorso il termine di cui al comma 5, i vincoli ivi previsti sono sostituiti dai seguenti: a) almeno un quinto dei posti di professore di ruolo di seconda fascia, la cui copertura è programmata da ciascun dipartimento, ovvero da ciascuna struttura di cui all’articolo 2, comma 3, lettera e), è destinato alle procedure di cui al comma 2; b) almeno un terzo dei posti di professore di prima fascia resi disponibili in ciascun dipartimento, ovvero da ciascuna struttura di cui all’articolo 2, comma 3, lettera e), è coperto da professori non in ruolo presso l’università banditrice da almeno cinque anni.

7. A decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento di ateneo di cui al comma 2, perde di efficacia, nei confronti dello stesso, l’articolo 1, comma 8, della legge n. 230 del 2005.

Articolo 10 Assegni di ricerca

1. Le università, nell’ambito delle relative disponibilità di bilancio, possono conferire assegni per lo svolgimento di attività di ricerca. I bandi, resi pubblici anche per via telematica sui siti dell’ateneo, del Ministero e dell’Unione europea, contengono informazioni dettagliate sulle specifiche funzioni, sui diritti e i doveri relativi alla posizione e sul trattamento economico e previdenziale spettante.

2. Possono essere destinatari degli assegni studiosi in possesso di curriculum scientifico professionale idoneo allo svolgimento di attività di ricerca, con esclusione del personale di ruolo dei soggetti di cui al comma 1. I medesimi soggetti possono stabilire che il dottorato di ricerca o titolo equivalente conseguito all’estero ovvero, per i settori interessati, il titolo di specializzazione di area medica corredato da una adeguata produzione scientifica, costituiscono requisito obbligatorio per l’ammissione al bando.

3. Gli assegni possono avere una durata compresa tra uno e tre anni, sono rinnovabili e non cumulabili con borse di studio a qualsiasi titolo conferite, ad eccezione di quelle concesse da istituzioni nazionali o straniere utili ad integrare, con soggiorni all’estero, l’attività di ricerca dei titolari. La titolarità del contratto non è compatibile con la partecipazione a corsi di laurea, laurea specialistica o magistrale, dottorato di ricerca o specializzazione medica, in Italia o all’estero, e comporta il collocamento in aspettativa senza assegni per il dipendente in servizio presso amministrazioni pubbliche.

4. Le università disciplinano le modalità di conferimento degli assegni con apposito regolamento,

prevedendo la possibilità di attribuire gli stessi mediante le seguenti procedure: a) pubblicazione di un unico bando relativo alle aree scientifiche di interesse dell’ateneo, seguito dalla presentazione direttamente dai candidati dei progetti di ricerca, corredati dai titoli e dalle pubblicazioni e valutati da parte di un’unica commissione che può avvalersi, senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica, di esperti revisori di elevata qualificazione italiani o stranieri esterni all’ateneo, e che formula, sulla base dei punteggi attribuiti, una graduatoria per ciascuna delle aree interessate; b) pubblicazione di bandi relativi a specifici programmi di ricerca dotati di propri finanziamenti, secondo procedure stabilite dall’ateneo.

5. Agli assegni di cui al presente articolo si applicano, in materia fiscale, le disposizioni di cui all’articolo 4 della legge 13 agosto 1984, n. 476, e successive modifiche, nonché, in materia previdenziale, quelle di cui all’articolo 2, commi 26 e seguenti, della legge 8 agosto 1995, n. 335, e successive modifiche.
6. L’importo dell’assegno è determinato dall’ateneo in misura non inferiore al settantacinque per cento del trattamento economico complessivo iniziale spettante ai ricercatori di ruolo confermati.
7. Il Ministro destina annualmente una quota del finanziamento ordinario al finanziamento di assegni di ricerca da attribuire con apposito bando, su base nazionale e per raggruppamenti di settori scientifico-disciplinari, previa presentazione di specifici programmi di ricerca, a giovani studiosi di elevate e comprovate capacità, in possesso dei requisiti di cui al comma 2, scelti all’esito di procedura avviata con apposito bando. I vincitori possono scegliere l’università e la struttura ove svolgere la propria attività, con l’assenso delle stesse. La selezione dei vincitori è affidata a una o più commissioni i cui componenti sono designati dal Ministro su proposta dell’ANVUR nel rispetto dei criteri di cui all’articolo 8, comma 3, lettera g), e si avvalgono, per la valutazione dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche e dei programmi di ricerca, di esperti revisori di elevata qualificazione italiani e stranieri, senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica. E’ oggetto di valutazione altresì l’adeguatezza della sede prescelta rispetto allo svolgimento del programma di ricerca presentato.
8. Gli assegni non danno luogo a diritti in ordine all’accesso ai ruoli dei soggetti di cui al comma 1.
9. La durata complessiva dei rapporti instaurati con i titolari degli assegni di cui al presente articolo e dei contratti di cui all’articolo 12, intercorsi anche con atenei diversi, statali, non statali o telematici, con il medesimo soggetto, non può in ogni caso superare i dieci anni, anche non continuativi. Ai fini della durata dei predetti rapporti non rilevano i periodi trascorsi in aspettativa per maternità o per motivi di salute secondo la normativa vigente.

Articolo 11 Contratti per attività di insegnamento

1. Le università, anche sulla base di specifiche convenzioni con gli enti pubblici e le istituzioni di ricerca di cui all’articolo 8 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 30 dicembre 1993, n. 593, e successive modificazioni, possono stipulare contratti, a titolo gratuito o oneroso, per attività di insegnamento al fine di avvalersi della collaborazione di esperti di alta qualificazione in possesso di un significativo curriculum scientifico o professionale. I predetti contratti sono stipulati dal rettore, su proposta dei competenti organi accademici.

2. Le università possono altresì stipulare contratti a titolo oneroso, nell’ambito delle proprie disponibilità di bilancio, per far fronte a specifiche esigenze didattiche, anche integrative, con soggetti in possesso di adeguati requisiti scientifici e professionali, ad esclusione del personale tecnico-amministrativo delle università. Il possesso del titolo di dottore di ricerca o equivalente, del titolo di specializzazione medica limitatamente alle aree cliniche, ovvero dell’abilitazione scientifica nazionale costituisce titolo preferenziale ai fini dell’attribuzione dei predetti contratti. I contratti sono attribuiti previo espletamento di procedure disciplinate con propri regolamenti, che assicurino la valutazione comparativa dei candidati e la pubblicità degli atti. Il trattamento economico spettante ai titolari dei predetti contratti è determinato, entro tre mesi dall’entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

Articolo 12 Ricercatori a tempo determinato

1. Per svolgere attività di ricerca, di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti, le università possono stipulare contratti di lavoro subordinato a tempo pieno e determinato. Il contratto regola altresì le modalità di svolgimento delle attività di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti, cui sono riservate trecentocinquanta ore annue, e delle attività di ricerca.
2. I destinatari sono scelti mediante procedure pubbliche di selezione di cui all’articolo 9, riservate ai possessori del titolo di dottore di ricerca o titolo equivalente, del diploma di specializzazione medica limitatamente alle aree cliniche, ovvero della laurea magistrale o equivalente, unitamente ad un curriculum scientifico professionale adatto allo svolgimento di attività di ricerca, e degli specifici requisiti individuati con decreto del Ministro.
3. Ai fini della selezione, la commissione di cui all’articolo 9, comma 1, lettera c), attribuisce un punteggio numerico accompagnato da sintetica motivazione per ciascuno dei titoli e delle pubblicazioni presentati dai candidati secondo parametri e criteri definiti con decreto del Ministro.
4. I contratti hanno durata triennale e possono essere rinnovati una sola volta per un ulteriore triennio previa positiva valutazione delle attività didattiche e di ricerca svolte, sulla base di modalità, criteri e parametri definiti con decreto del Ministro.
5. I destinatari dei contratti di cui ai commi 1 e 4 possono partecipare alle procedure di selezione di cui al comma 2 indette da altri atenei e, se vincitori delle stesse, possono stipulare contratti di durata pari al periodo mancante alla scadenza del contratto in essere, aumentato al massimo di un anno, fermo restando quanto previsto dal comma 7.
6. Le università, secondo quanto previsto dall’articolo 9, comma 3, e in conformità agli standard qualitativi individuati con apposito regolamento di ateneo nell’ambito dei criteri fissati con decreto del Ministro, possono procedere alla chiamata diretta dei destinatari del secondo contratto triennale di cui al comma 4, i quali entro e non oltre la scadenza di tale contratto, conseguono l’abilitazione alle funzioni di professore associato, di cui all’articolo 8. I chiamati, alla scadenza del secondo contratto, sono inquadrati nel ruolo dei professori associati.
7. Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 10, comma 9.
8. Il trattamento economico spettante ai destinatari dei contratti di cui al comma 1 è pari al trattamento iniziale spettante al ricercatore confermato a tempo pieno, incrementato del venti per cento. Per i titolari dei contratti di cui al comma 4, il predetto trattamento annuo lordo onnicomprensivo può essere elevato fino a un massimo del trenta per cento.
9. Il Ministro destina annualmente una quota del finanziamento ordinario delle università al finanziamento di bandi per il reclutamento di ricercatori a tempo determinato da destinare, su base nazionale e per raggruppamenti di settori scientifico-disciplinari, a giovani studiosi di elevate e comprovate capacità in possesso dei titoli e requisiti di cui al comma 2, previa presentazione di specifici programmi di ricerca. La selezione dei vincitori è affidata a una o più commissioni composte da eminenti studiosi, anche stranieri, designati dal Ministro su proposta dell’ANVUR nel rispetto dei criteri di cui all’articolo 8, comma 3, lettera g), che si avvalgono per la valutazione dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche e dei programmi di ricerca di esperti revisori di elevata qualificazione italiani e stranieri, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica. E’ oggetto di valutazione altresì l’adeguatezza della sede prescelta rispetto allo svolgimento del programma di ricerca presentato.
10. I contratti di cui al presente articolo non danno luogo a diritti in ordine all’accesso ai ruoli dei soggetti di cui al comma 1.

Articolo 13 Collocamento a riposo dei professori e dei ricercatori
1. La concessione dell’opzione di cui all’articolo 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503 ai professori e ricercatori universitari è subordinata alla sussistenza di adeguate risorse finanziarie nel bilancio di ateneo, in coerenza con la programmazione strategica triennale di ateneo di cui all’articolo 1-ter del decreto-legge n. 7 del 2005, convertito con modificazioni dalla legge n. 43 del 2005, e successive modificazioni, e nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 51, comma 4, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 e successive modificazioni.
Articolo 14 Disciplina dei lettori di scambio

1. In esecuzione di accordi culturali internazionali che prevedono l’utilizzo reciproco di lettori, le università possono conferire a studiosi stranieri in possesso di qualificata e comprovata professionalità incarichi annuali rinnovabili per lo svolgimento di attività finalizzate alla diffusione della lingua e della cultura del Paese di origine e alla cooperazione internazionale.
2. Gli incarichi di cui al comma 1 sono conferiti con decreto rettorale, previa delibera degli organi accademici competenti. Con decreto del Ministro, di concerto con il Ministro degli affari esteri e con il Ministro dell’economia e delle finanze sono definite le modalità per il conferimento degli incarichi, ivi compreso il trattamento economico a carico degli accordi di cui al comma 1.

Articolo 15 Norme transitorie e finali

1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, possono essere avviate esclusivamente le procedure per la copertura dei posti di professore ordinario e associato, di ricercatore a tempo determinato e di assegnista di ricerca previste dal Titolo III.

2. All’articolo 1, comma 9, della legge n. 230 del 2005, come sostituito dall’articolo 1-bis del decreto-legge n. 180 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 1 del 2009, al primo periodo, dopo la parola “triennio” sono inserite le seguenti parole: “o nell’ambito di specifici programmi di ricerca finanziati dal Ministero stesso”.

3. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge sono abrogati: a) l’articolo 4 della legge 30 novembre 1989, n. 398; b) l’articolo 1, commi 10 e 14, della legge n. 230 del 2005.

4. All’articolo 51, comma 6, della legge n. 449 del1997, sono soppresse le seguenti parole: “Le università,” ;

5. A decorrere dalla data di entrata in vigore dei regolamenti di cui all’articolo 8, comma 2, è abrogato il decreto legislativo 6 aprile 2006, n. 164, ad eccezione degli articoli 13 e 14, comma 4.

6. Dall’attuazione delle disposizioni della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

ALLEGATO 5

DOCUMENTO POLITICO SUL DDL GOVERNANCE E DIRITTO ALLO STUDIO

Analisi e proposte dell’Unione degli Universitari

Per l’ennesima volta siamo di fronte ad una riforma che stravolge e cerca di cancellare il carattere pubblico dell’università e del diritto allo studio.  Il Governo ha approvato un Disegno di Legge (DDL) complessivo in cui sono contenute una serie di deleghe per riformare interi settori dell’università e riforme che non possiamo assolutamente accettare.

Nel metodo. Innanzitutto rifiutiamo lo strumento della delega legislativa, strumento che lascia carta bianca al Governo di legiferare senza nessuna forma di consultazione con chi l’università la vive quotidianamente: studenti, docenti e personale.

Nel merito. I contenuti del DDL in materia di governo degli Atenei e sul diritto allo studio sono per noi inaccettabili. Da un lato si ridisegna l’organizzazione delle università in senso aziendalista prevedendo l’ingresso di privati nei Cda, riducendo la rappresentanza degli studenti e assegnando al Rettore e al Cda quasi tutti i poteri decisionali. Sul versante del Diritto allo Studio il Governo si muove in due modi.
Primo. Una delega di riforma dell’intero settore con l’obiettivo di arrivare ad una nuova legislazione entro 12 mesi.
Secondo. L’istituzione di un “fondo per il merito” che ha l’obiettivo di assegnare borse di studio e “buoni” agli studenti più meritevoli attraverso un test per misurare le loro capacità. Il tutto senza minimamente tenere in considerazione le condizioni sociali (spesso drammatiche) degli studenti e delle loro famiglie.

Non lo accettiamo nel metodo e nei contenuti e lo contrasteremo. Diciamo NO al DDL perché:

– Non vogliamo che attraverso l’ingresso dei privati nei Cda le Università diventino terreno di affari per privati e aziende che non hanno nessun interesse per la didattica e la ricerca, e non considerano il sapere come strumento di crescita e democrazia.
– Non vogliamo che le strutture accademiche diventino organi anti-democratici in cui gli studenti non hanno nessun peso decisionale nelle scelte che riguardano la loro vita accademica.
– Non vogliamo che siano tolte risorse importanti al Diritto allo Studio per regalare borse attraverso nuovi test, magari a crocette, senza valutare le condizioni sociali degli studenti favorendo chi già economicamente non ha problemi.
– Non vogliamo che il Diritto allo Studio diventi solo uno strumento di premio perdendo l’obiettivo, dettato dalla Costituzione, di permettere ai “capaci e meritevoli anche se privi di mezzi” di poter studiare. Conoscendo i precedenti tentativi del Governo Berlusconi non accetteremo tentativi di alzare le soglie di merito per la conferma delle borse, l’utilizzo diffuso del prestito d’onore e l’abbassamento della soglia ISEE per l’accesso ai benefici.

Per questo avanziamo delle nostre proposte sui temi del diritto allo studio, la governance e la democrazia nei nostri Atenei.

1) Per un’ Università democratica: difendere gli spazi di partecipazione degli studenti
I nostri Atenei oggi hanno un grave deficit di democrazia  interna e di partecipazione della componente studentesca.  Gli equilibri decisionali all’interno del mondo accademico sono completamente sbilanciati a favore della docenza. Il DDL proposto dal Governo restringe ancora di più gli spazi di democrazia e spinge l’università verso un modello aziendalista. Se si pensa poi alla possibilità delle università di trasformarsi in fondazioni private il disegno è chiaro: l’aziendalizzazione delle Università e la trasformazione in fondazioni private sono le facce della stessa medaglia. Noi invece proponiamo:
• Elettività di tutti gli organi accademici e abolizione del sistema di afferenza e presenza di diritto dei di tutti i docenti negli organismi accademici. Questo sistema nei fatti deresponsabilizza la componente docente nella partecipazione ai processi decisionali. Inoltre non essendo stati eletti i docenti non sentono nessuna responsabilità nei confronti della comunità accademica, non hanno quindi un dovere di rappresentanza. Per questo chiediamo che il Senato, il Cda  e gli organismi didattici eletti da tutta la comunità accademica.

• Per l’autogoverno della comunità accademica affinché la gestione dell’Università sia l’espressione della comunità accademica. Solo cosi è possibile garantire la difesa dell’interesse pubblico per la ricerca e la didattica. Siamo contro un modello in cui il Cda ha tutti i poteri e il Senato di fatto è svuotato di tutti i poteri sulla didattica come è proposto dal DDL del Governo. Il CDA e il Senato Accademico devono avere una composizione prevalentemente di docenti, studenti, e personale amministrativo.

• Per la partecipazione degli studenti. Il DDL del Governo vuole ridurre drasticamente il numero dei rappresentanti negli organi accademici, oggi fissato per legge al 15%. Noi crediamo invece che la rappresentanza sia un elemento di democrazia! Chiediamo quindi che la presenza degli studenti negli organismi accademici sia portata almeno a percentuali tra il 35-40% in modo da garantire un peso reale agli studenti nelle scelte che li riguardano direttamente. Chiediamo inoltre tutte le “strutture didattiche” (consigli di corso) dove si prendono decisioni riguardo la carriera degli studenti, i piani di studio, i riconoscimento crediti, siano composte pariteticamente da studenti e docenti.
2) L’Università per tutti. Difendere ed estendere il Diritto allo Studio
Il diritto allo studio è un diritto sancito dalla Costituzione nell’Art. 34. Tuttavia a causa del sottofinanziamento dello stato non si è mai riusciti a coprire del tutto gli idonei alla borsa, a garantire alloggi pubblici, servizi adeguati. Come se tutto ciò non bastasse ci sono stati ripetuti tentativi di utilizzare i prestiti d’onore (strumento che indebita gli studenti) e rendere meno accessibili i servizi, le borse. Ad oggi mancano serie politiche di controllo del mercato degli affitti e gli studenti sono spesso vittime della peggiore speculazione, così come mancano le politiche di cittadinanza e accesso ai servizi culturali e trasporti. Altro aspetto grave è la totale mancanza di assistenza sanitaria per gli studenti fuori sede.
Per tutto questo in Italia l’università rischia di diventare sempre di più un luogo per pochi. Il trend che fino a pochi anni fa aveva visto crescere quasi costantemente il numero di immatricolati sembra ora conoscere un arresto. Ancora oggi però la maggior parte degli iscritti all’università proviene dai ceti medio-alti mentre sono ancora pochi, in proporzione, gli studenti che provengono da famiglie con condizioni economiche disagiate.

Tra numeri chiusi, sbarramenti all’accesso, tasse sempre più salate, un sistema di diritto allo studio che non riesce a garantire l’autonomia dello studente ma neanche la possibilità dei capaci e meritevoli di raggiungere i gradi più alti degli studi, tagli ai finanziamenti pubblici e fondazioni private, sta diventando sempre di più un luogo inaccessibile.

In questo contesto si inserisce il DDL del Governo che ridisegna un diritto allo studio per pochi ed  eliminando la discussione con gli studenti.  Per contrastare questa situazione noi proponiamo:

• Il riconoscimento dello studente come soggetto sociale. È necessario oggi riconoscere lo studente come soggetto sociale portatore di diritti e bisognoso di tutele e garanzie.Il riconoscimento dello studente come soggetto sociale e non semplicemente come utente o cliente dell’università è il primo passo per difendere il diritto allo studio e per realizzarne uno nuovo cittadinanza studentesca.
• Borse di studio e Alloggi pubblici: una priorità. Chiediamo la copertura totale delle borse sul territorio nazionale, l’allargamento della platea degli aventi diritto innalzando il limite ISEE e l’aumento degli importi delle borse adattandoli alle reali esigenze degli studenti. E’ necessario aumentare il numero di posti letto nelle residenze attraverso la costruzione di nuove strutture e riutilizzo di edifici in abbandono, creare un fondo ad hoc per il rimborso parziale delle spese di affitto, far emergere il nero con agevolazioni fiscali, e introdurre politiche di affitto sociale per gli studenti universitari
• Realizzazione di politiche di cittadinanza studentesca su Trasporti, Ristorazione e Accesso alla Cultura introducendo:
– forti sconti fino alla gratuità per le linee urbane collegate con le sedi universitarie
– tariffe agevolate per i giovani sulle tratte extraurbane e regionali.
– prezzo politico per tutti gli studenti, anche quelli non borsisti
– costruzione di nuove strutture vicino alle sedi universitarie
– gratuità per l’accesso a luoghi di interesse culturale quali musei, gallerie d’arte, mostre.
– Sconti per l’acquisto di prodotti culturali come libri, riviste, cd e dvd e per l’accesso a teatri e cinema.
• Realizzare una tassazione studentesca equa attraverso la creazione di un sistema di tassazione più equo: esenzione della tasse ai redditi bassi e sistema di fasciazione fortemente progressivo.

• Garantire il diritto all’Assistenza sanitaria attraverso la realizzazione di presidi medici all’interno degli Atenei e garantendo l’accesso al Medico di base nella città sede di studio anche per gli studenti fuorisede.

ALLEGATO 6

Le Linee di intervento della CRUI alla vigilia dell’anno accademico 2009
(Documento approvato all’unanimità dall’Assemblea del 25 settembre 2008)

1. Alla vigilia di un nuovo anno accademico che si preannuncia estremamente difficoltoso e problematico per gli Atenei, la CRUI ritiene opportuno indicare con chiarezza le linee alle quali intende ispirare la sua azione nei prossimi mesi, ribadendo in primo luogo il proprio impegno a contribuire a una rapida definizione di provvedimenti legislativi e normativi che, entro una strategia coerente e coordinata, affrontino con decisione e volontà di rinnovamento le maggiori criticità e urgenze riguardanti la vita universitaria.

2. La CRUI individua tra le priorità alle quali dedicarsi e sulle quali sollecitare una larga convergenza:

– la governance degli Atenei, attualmente vincolata da una normativa superata e che va conseguentemente rivista in funzione di un coerente e rinnovato modello istituzionale, riconsiderando in tale prospettiva il complesso delle funzioni decisionali, la composizione dei vari organi, il loro ruolo e le loro responsabilità nella programmazione e nella allocazione delle risorse e prevedendone un assetto che eviti ogni accusa di autoreferenzialità della componente accademica. Parallelamente andranno sviluppati efficaci sistemi di verifica, controllo e certificazione della qualità delle funzioni istituzionali assolte, da affidare a soggetti terzi;

– le modalità di reclutamento della docenza, ponendo fine alla assurda situazione che vede una legge in vigore non applicata (anche perché oggettivamente inapplicabile per le conseguenze alle quali darebbe luogo) e riattivata invece una normativa già abrogata e sulla quale sono state espresse forti riserve.

Va pertanto al più presto individuato, approfondito e reso operativo un sistema in due fasi: la prima di valutazione/abilitazione scientifica dei candidati, da esercitare in un contesto comparativo a livello nazionale; la seconda, da attribuire alle responsabilità e alle prerogative della sede che chiama o che promuove alla fascia superiore, i cui comportamenti vanno a loro volta vincolati a regole di trasparenza e irreprensibilità.
Sembra indispensabile, a questo fine, non preoccuparsi solo della composizione e delle modalità di designazione delle commissioni giudicatrici nazionali e di quelle selezionatrici locali, rispetto alle quali si possono in ogni caso immaginare elementi maggiori di garanzia e di efficacia. Occorre altresì prevedere requisiti e condizioni da rispettare nel corso delle procedure di valutazione, che determinino una più attenta e meglio garantita considerazione delle qualità, dei meriti, dell’impegno accertato degli aspiranti.
Con riferimento alla prima fase di valutazione del lavoro scientifico a livello nazionale, si potrebbe ad esempio attribuire una particolare rilevanza ai titoli scientifici prodotti nell’ultimo quinquennio, ovvero, nel caso di do-centi già in servizio, a quelli prodotti dopo la conferma nella posizione in godimento. Ma vari altri passaggi vincolanti potrebbero essere individuati, anche in raccordo con le competenze proprie del CUN.

Il nuovo sistema, una volta definito, andrà esteso al reclutamento dei ricercatori a tempo indeterminato, regolamentando nel contempo la figura del ricercatore a tempo determinato, da intendersi non come aggiuntiva ma come sostitutiva delle attuali posizioni post doc, rivedendone e migliorandone le condizioni e le garanzie, e prevedendo forme di tenure track per il passaggio a tempo indeterminato;

– alcuni aspetti dello stato giuridico della docenza, rideterminando, in particolare, il rapporto diritti/doveri, sia rendendo esplicita e vincolante l’entità dell’impegno complessivo annuale al quale sono tenuti i professori a tempo pieno (assumendo come possibile riferimento le 1512 ore già individuate dal Ministero ai fini della determinazione del costo del personale docente nella partecipazione a progetti di ricerca comunitari e a progetti Prin), sia riconsiderando in quel che ha di superato o di discriminatorio l’attuale regime delle incompatibilità.
E vanno riviste le articolazioni e le progressioni delle carriere, oggi solo per anzianità, prevedendo verifiche periodiche dell’attività svolta e che una parte della connesse retribuzioni possa essere invece definita a livello locale in relazione agli impegni istituzionali e aggiuntivi effettivamente assolti e alla capacità di acquisire risorse per la ricerca;

– il dottorato di ricerca, la cui revisione va collegata ai processi di ripensamento in materia in atto anche a livello europeo, nella prospettiva sia di un innalzamento degli standard richiesti per l’attivazione e l’accreditamento delle relative scuole, anche promuovendo soluzioni interateneo e una più marcata internazionalizzazione, sia di una maggiore funzionalità e valorizzazione delle attività di terzo livello rispetto agli esiti lavorativi;

– la formazione degli insegnanti, da imperniare su percorsi didattici universitari nel quadro delle lauree magistrali seguiti da tirocini abilitanti, valorizzando le esperienze positive ricavabili dalle SSIS;

– il diritto allo studio, rivedendone i criteri e le risorse assegnate, nel quadro di una più complessiva riconsiderazione della condizione studentesca che tenga conto delle trasformazioni intervenute nell’offerta formativa e nei relativi ordinamenti e dei mutati bisogni ai quali fare fronte con una più adeguata offerta di servizi;

-  il trasferimento tecnologico, sviluppando e potenziando le iniziative al riguardo già in atto negli Atenei e in raccordo con le imprese, al fine di meglio promuovere, diffondere e valutare i processi di innovazione e di valorizzazione della ricerca fondamentale e applicata all’interno del sistema-Paese.

3. La CRUI riafferma nel contempo l’urgenza di riprendere al più presto l’iter per l’attivazione di un sistema nazionale di valutazione dell’università e della ricerca, che sia in grado di misurare con piena attendibilità, omogeneità e trasparenza i risultati prodotti dai singoli Atenei, anche in vista di una conseguente e motivata attribuzione delle risorse.
La CRUI ritiene indispensabile che in tale prospettiva vengano mantenuti e sviluppati (e adeguatamente finanziati, superando al più presto il blocco in atto) i servizi e l’azione di monitoraggio e valutazione finora svolti dal CNVSU e dal CIVR, fatta salva la loro confluenza, quanto prima, nel nuovo organismo.

4. La CRUI sottolinea parimenti l’importanza, all’interno del sistema universitario italiano, della componente non statale, rilevante per una più equilibrata e plurale offerta formativa nel quadro di una competizione volta all’incentivazione della qualità nella diversificazione delle proposte curricolari.
La CRUI ritiene che occorra correttamente distinguere tra università non statali e università telematiche, la cui proliferazione rende urgente una riconsiderazione della specificità delle regole e delle garanzie che devono presiedere al loro funzionamento. Un sostegno adeguato al sistema universitario non statale, nel quadro della legislazione vigente e degli elementi di specificità che questa assicura, non può in ogni caso prescindere da indispensabili interventi che rigorosamente valutino, selezionino e verifichino progetti e realtà, proposte e risultati, in funzione sia dell’allocazione di risorse sia di un’efficace e compiuta valutazione all’interno del sistema universitario nazionale.

5. La CRUI si riserva di produrre su ciascun punto – e su altri qui per brevità non richiamati – proposte più articolate e motivate, secondo indicazioni e principi già condivisi e approvati in precedenti assemblee.
Nel ribadire il proprio incondizionato impegno a operare per il rinnovamento e la riqualificazione funzionale di aspetti centrali della vita universitaria, la CRUI fa d’altra parte presente che non sono concepibili interventi minimamente significativi e credibili in tale direzione che abbiano come unico riscontro, sul piano finanziario, le misure previste dalla Manovra triennale approvata dal Parlamento prima della pausa estiva.
Tali misure sono pesantemente aggravate dalla nuova Legge finanziaria appena presentata dal Governo, che prevede per il 2010 una diminuzione del Fondo di finanziamento delle università addirittura di 700 milioni (più del 10% dell’attuale Fondo) e tagli drastici per le università non statali. Deve essere sin d’ora chiaro che con interventi di tale entità sarà impossibile per le università pubbliche anche solo pagare le retribuzioni del personale.
È evidente che a fronte di una tale situazione e delle pro-spettive che ne conseguono non possono non manifestarsi negli Atenei diffusi sentimenti di profondo allarme e frustrazione.
La CRUI ha piena consapevolezza della fase molto difficile e quanto mai incerta che l’economia internazionale e quella nazionale stanno attraversando. Una attenta riconsiderazione e, per quanto possibile, un ridimensionamento delle spese di propria competenza, è, senza alcun dubbio, un comportamento al quale gli Atenei devono sentirsi tutti tenuti.
Ma non si possono imporre alle Università, statali e non statali, sacrifici oggettivamente non sopportabili, quali quelli per il momento previsti, senza tenere conto delle loro conse-guenze, inevitabili e di portata dirompente per il sistema, con danni irreversibili per il Paese.

6. La richiesta, pressante e urgente, che la CRUI e l’intero mondo accademico hanno avanzato nelle scorse settimane e che ora rinnovano, alla ripresa delle attività e in vista della della discussione in Parlamento della nuova Legge finanziaria è, dunque, che si ritorni al più presto sui contenuti della Manovra, sia garantendo la copertura degli incrementi retributivi automatici del personale, sia rivedendo la misura e le modalità di applicazione del blocco sul turn over (che ha effetti particolarmente pesanti e distorcenti per i giovani), sia riassegnando progressivamente al sistema universitario le risorse che verrebbero ricavate dai tagli previsti.
La riassegnazione dovrà beninteso avvenire secondo criteri e parametri ben definiti e vincolanti, in vista di obiettivi di riqualificazione e controllo della spesa e di incentivazione del merito e dei livelli qualitativi della formazione e della ricerca universitaria, valorizzando le posizioni dei giovani più meritevoli e favorendone le attività, in un contesto che, come già sottolineato, preveda l’attivazione di un adeguato sistema di valutazione e verifica dei risultati raggiunti e un aggiornato modello di governance, nonché rinnovati meccanismi di reclutamento e di sviluppo delle carriere dei docenti e dei relativi impegni e riconoscimenti.
Vanno parimenti riconsiderati con urgenza i criteri e il modello stesso di attribuzione delle risorse, facendo immediatamente confluire nel FFO tutte le varie assegnazioni finalizzate che oggi caratterizzano i trasferimenti statali e introducendo nella ripartizione tra gli Atenei maggiori elementi di premialità e fattori di riequilibrio a fronte di indicatori pienamente attendibili e significativi sia con riguardo alle azioni realizzate e ai risultati ottenuti sia in relazione alle condizioni di contesto e alle specificità e ai comportamenti dei soggetti interessati.
E non è più sopportabile l’azzeramento dei finanziamenti per l’edilizia universitaria che impedisce sia l’avvio di nuove realizzazioni, funzionali alla didattica e alla ricerca o allo sviluppo di iniziative innovative, sia la semplice manutenzione delle strutture esistenti.

7. La CRUI prende atto positivamente dell’intenzione e-spressa dal Ministro Gelmini di procedere nelle prossime set-timane all’adozione di un piano programmatico che preveda le linee guida di riforma dell’università e della ricerca, anche come base di discussione e di approfondimento dei molti temi da affrontare.
Le indicazioni e le proposte sviluppate nel presente documento si collocano e intendono offrire un positivo contributo in tale prospettiva. La CRUI si augura quindi che il Tavolo di consultazione istituito nei mesi scorsi presso il Ministero possa essere rapidamente chiamato a confrontare e sviluppare idee e proposte in vista di esiti operativi rapidi e efficaci. Nel contempo la CRUI auspica che si determinino condizioni idonee per un proficuo e rapido lavoro parlamentare sulle tematiche che richiedono interventi legislativi.
Nessuno può tuttavia ignorare che il tempo a disposizione, trascorso il quale il processo di deterioramento del quadro finanziario risulterà irrecuperabile per tutte, indistintamente, le realtà universitarie del nostro Paese, è brevissimo.
Gli Atenei italiani non saranno in grado di chiudere in pareggio i propri bilanci, facendo fronte ai loro impegni didattici, scientifici e di servizio, già a partire del 2010. In tali condizioni diventerà impraticabile anche ogni forma di confronto, al quale pure non ci si intende sottrarre, circa le possibili revisioni del quadro istituzionale e normativo di pertinenza degli Atenei.
Contrariamente a molte immagini di comodo, l’Università italiana e le istanze che la rappresentano sono pronte a svolgere con coraggio la propria parte, trasformando, per quanto sta in loro e per quanto concretamente possibile, un passaggio difficilissimo e fortemente a rischio in un momento di rilancio e di rinnovamento.

Governo e Parlamento devono dunque decidere e comunicare al Paese in quale misura formazione e ricerca siano considerate strategiche per lo sviluppo. La CRUI chiede al Governo un atto significativo di chiarimento e comportamenti conseguenti.

Deve essere sin d’ora chiaro che, in assenza di provvedi-menti adeguati che diventino operativi entro il 2009, ai Rettori e alla CRUI non resterà che trarre le uniche conseguenze possibili e coerenti con le loro responsabilità di fronte ai rispettivi Atenei e al Paese.

ALLEGATO 7

MOZIONE DEL CNSU IN SEGUITO ALLA LEGGE 133 E SUCCESSIVI ACCADIMENTI

VISTA la legge 6 agosto 2008, n.133 recante “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”
VISTO l’attuale disegno di legge finanziaria, recentemente presentato al Parlamento.
CONSIDERATO in particolare che:

1. L’art. 66 della legge n. 133/2008 dispone il c.d. blocco del turn-over. Per i prossimi tre anni la possibilità di assumere personale a tempo indeterminato sarà limitata al 20% delle unità cessate nell’anno precedente, nonché al 20% della spesa cessata nell’anno precedente. Tale disposizione non costituisce un taglio in termini contabili (sebbene possa concretamente avere conseguenze, anche pesanti, in tali termini), ma un taglio di risorse umane cui corrisponde una decurtazione di una quota di FFO pari all’80% del totale dei pensionamenti. Le somme non erogate sono trattenute al bilancio dello Stato. Questa misura si traduce, di fatto, in una grave limitazione all’accesso alla carriera universitaria per dottori di ricerca e giovani ricercatori che già oggi, a vario titolo, spesso con molti sacrifici, collaborano ad attività di ricerca e didattica coltivando la speranza di poter un giorno ricoprire incarichi di ruolo.

2. L’art. 69 della legge n. 133/2008 prevede come seconda misura il differimento una tantum degli scatti stipendiali del 2009 per quanto riguarda il personale docente (che verranno recuperati nel 2010 e graveranno sul FFO delle Università).

3. L’art. 72 della legge n. 133/2008 consente alle Università di non accogliere le richieste di prolungamento del servizio per i docenti che abbiano maturato i quarant’anni di anzianità.

4. L’art. 16 della legge n. 133/2008 prevede la facoltà (ma non l’obbligo) per gli atenei di trasformarsi in fondazioni di diritto privato. A prescindere da ogni considerazione nel merito della eventuale scelta di tale modello organizzativo (e riservandosi il CNSU di entrare in merito a questo punto con un successivo documento) si rileva che la formulazione dell’art. 16 è generica e imprecisa a tal punto da comportarne l’assoluta inapplicabilità. Peraltro, le fondazioni descritte dall’art. 16, lungi dall’essere strutturate su una discipilina privatistica (sarebbe semmai un istituto giuridico ibrido pubblico/privato) costituiscono piuttosto un monstrum giuridico.

5. La Tabella C allegata al DDL finanziaria 2009 prevede per il triennio 2009-2011 un taglio del FFO di 731 milioni nel 2010 e di 863 milioni nel 2011 rispetto al dato 2008. Il taglio non sussiste invece per il 2009. Il CNSU ricorda altresì che affinché i tagli previsti per il 2010 siano effettivi, occorrerà che questi vengano riportati, nella misura oggi prevista, nella finanziaria del prossimo anno (legge finanziaria 2010).

6. La Tabella C allegata al DDL finanziaria 2009 per il triennio 2009-2011 quantifica ingenti tagli dei fondi previsti per il Diritto allo Studio. Nello specifico: per il 2009 il taglio di 50 milioni 284 mila euro, pari al 25,6% dello stanziamento assegnato nel 2008. Il 2010 vede un ulteriore taglio dell’ 8,3% rispetto al 2009 (12 milioni di euro circa) ed infine nel 2011 il fondo si riduce di poco meno di 31 milioni di euro (un altro 23,1% rispetto all’anno precedente). Il taglio totale ammonta quindi a 93 milioni e 300 mila euro in 3 anni che in percentuale è pari al 16% circa.
Nel dettaglio delle tre voci riguardanti il diritto allo studio (potenziamento attività sportive, borse di studio, edilizia universitaria) la situazione si prefigurerebbe in questo modo:
– Sul capitolo relativo al potenziamento delle attività sportive si prevede un taglio del 31,5% per il 2009 (si passa da 11 milioni 190 mila euro a 7 milioni e 650 mila euro), un taglio del 2,3% per il 2010 e del 23,5% per il 2011.
– Il capitolo riguardante i tradizionali interventi di diritto allo studio, quali – per esempio – borse di studio e buoni mensa, viene tagliato di 74 milioni di euro complessivi in 3 anni.
– Di questa somma, 40 milioni (pari al 26,5% dello stanziamento 2008) si assestano nel 2009; i restanti sono distribuiti sui due anni successivi.
Infine, per quanto riguarda il fondo relativo all’edilizia universitaria, ed in particolare gli interventi previsti dalla legge 338 del 2000 che prevede il co-finanziamento da parte del Ministero di residenze universitarie da destinare agli studenti fuori sede (meritevoli e privi di mezzi), il fondo viene ridotto via via nei tre anni dai 31 milioni attuali ai 24 (-21,2%) previsti per il 2009 fino ai 19 milioni circa previsti per il 2011. [Il calcolo dei tagli è stato fatto confrontando lo stanziamento della finanziaria 2008 (legge n.244 del 27 dicembre 2007) con la tabella C allegata alla proposta di legge finanziaria 2009.]

7. Per quattro delle cinque voci di spesa relative alla missione universitaria (calcolando come dato di partenza lo stanziamento per il 2009 della finanziaria 2008) la misura dei tagli è uguale alla virgola. Ciò significa che il taglio è stato fatto dal Tesoro in maniera puramente ragionieristica.
RITENUTO

– che i tagli previsti sia della l. 133/2008 (per quanto riguarda il turn over) che dalla legge finanziaria 2009 (riguardo l’FFO) siano indiscriminati, generalizzati e genericamente punitivi.
Non vi è traccia alcuna di distinzione tra atenei virtuosi e atenei spreconi. È fin troppo chiaro che si tratta di tagli a pioggia determinati esclusivamente da esigenze di cassa. Si ritiene inoltre che la limitazione del 20% debba essere svincolata dai concorsi per l’entrata in servizio di nuovi ricercatori.

– che particolarmente gravi appaiono le decurtazioni dei fondi per il Diritto allo Studio,
oltremodo dimostrative della logica dei suddetti provvedimenti esclusivamente finalizzata al risanamento dei conti dello Stato. Il nostro sistema di Diritto allo Studio, come più volte richiamato dallo scrivente Organo, avrebbe bisogno di essere migliorato, non solo attraverso l’erogazione di maggiori fondi (che assicurino ai capaci e meritevoli sebbene privi di mezzi l’accesso ai gradi più alti degli studi, come da articolo 34 della Costituzione), ma anche attraverso una revisione delle norme in materia: l’obsoleta legge quadro 390/91, precedente alla riforma del titolo V della Costituzione, ed il DPCM, oramai scaduto da 8 anni, che sancisce i criteri per l’assegnazione dei benefici economici,.

– che sono da considerarsi intollerabili e ingiuste quelle forme di protesta sfociate in occupazioni sospensioni forzate della didattica in quanto lesive della libertà di tutti.

– che i mezzi di informazione hanno trascurato di considerare che la stragrande maggioranza degli studenti, pur essendo giustamente preoccupata per il futuro dell’Università, chiede di poter continuare a frequentare regolarmente le lezioni.

– che il Sistema Universitario Italiano necessita di un profondo rinnovamento per quanto riguarda, in particolare, il sistema di valutazione, la governance, il reclutamento dei docenti e, come detto, il Diritto allo Studio.

– che è contraria agli interessi degli studenti e dell’intero mondo accademico la sospensione, annunciata dal Presidente del Consiglio, della discussione intorno alle prospettive di riforma dell’Università.

Il Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari

CHIEDE

– che l’attesa riforma dell’università venga realizzata attraverso un disegno di legge parlamentare e non con un decreto da parte del Governo, auspicando una partecipazione attiva del CNSU;

– che si provveda immediatamente a correggere la tabella C del DDL finanziaria 2009 relativamente alle voci del diritto allo studio;

– che la distribuzione dei tagli al FFO tenga conto del reale stato di salute di ciascun ateneo.

– che sia lasciata libertà nel turn over a quelle università che hanno spese di personale inferiori al 90% del FFO, concordando specifici piani di rientro con quelli che presentano spese di personale superiori a tale limite.

– che il Ministro Gelmini renda note le proprie linee guida finalizzate a ridisegnare complessivamente il sistema e che al più presto avvii in merito un tavolo di confronto con la CRUI, il CUN, il CNSU e le principali organizzazioni degli studenti, degli specializzandi, dei dottorandi e dei ricercatori.

Per il CNSU

il Presidente
Diego Celli

Il Presidente Vicario
Francesco Campisi

ALLEGATO 8
Mozione sul DDL in materia di organizzazione e qualità del sistema universitario, di personale accademico e di diritto allo studio

Il Consiglio dei Ministri il 28 ottobre 2009 ha approvato il DDl di riforma complessiva del sistema universitario. Questo DDL si articola su tre titoli di cui principali punti critici sono:

1) Organizzazione del sistema universitario
In questo titolo viene riformata la struttura e la governance degli Atenei attraverso la ridefinizione delle funzioni e della composizione dei principali organismi accademici. In particolare:
- Ridefinizione della modalità di elezione del Rettore restringendo l’elettorato attivo e passivo ai soli professori ordinari (art. 2, lettera b);
- Possibilità che il Rettore non faccia parte dell’Ateneo (art. 2, lettera b);
- Il Senato Accademico può solo “formulare proposte e pareri in materia di didattica e di ricerca” e approva “i relativi regolamenti didattici previo parere favorevole del consiglio di amministrazione” (art. 2, lettera d);
- Il Consiglio di Amministrazione vede accresciuti notevolmente i suoi poteri fino a diventare l’unico organo reale di decisione dell’Ateneo decidendo sia sulla programmazione finanziaria, contabile, didattica e di ricerca; “sull’attivazione o la soppressione di corsi e sedi” (art. 2, lettera f);
- La composizione del Consiglio di Amministrazione  cambia radicalmente portando ad 11 il numero massimo di membri, di cui il 40% non deve appartenere “ai ruoli dell’Ateneo” nei tre anni  precedenti e durante il mandato. Di fatto sono membri esterni  (art. 2, lettera g);
- Il presidente del Cda può essere anche un membro esterno e non è più il Rettore (art. 2, lettera g);
- Il Direttore Amministrativo è sostituito dal Direttore Generale (art. 2, lettera k);
- Le funzioni delle Facoltà passano ai Dipartimenti che possono raggrupparsi in strutture di raccordo denominate Scuole o facoltà (art.2 lettere a, b, c);
- Due o più Atenei possono decidere di fondersi o federarsi tra loro, con la creazione di strutture di raccordo nel caso della federazione, o anche con “enti o istituzioni operanti nel settore della ricerca dell’alta formazione” (art. 3, comma 2);

2) Norme e delega legislativa in materia di qualità ed efficienza del sistema universitario
- istituzione di un Fondo per il merito per la concessione di borse di studio e prestiti d’onore attraverso prove nazionali standard per individuarne i criteri di accesso (art. 4);
- introduzione di un sistema di accreditamento dei corsi di studio e di dottorato per la verifica da parte degli atenei di idonei requisiti didattici, strutturali, organizzativi, di qualificazione dei docenti e delle attività di ricerca nonché di sostenibilità economico finanziaria (art. 5 comma 2 lettera a)
- previsione di meccanismi premiali correlati alla valutazione da parte dell’ANVUR dei requisiti didattici e di ricerca a gravare sul fondo di finanziamento ordinario (art. 5 comma 2 lettera b, d)
- introduzione del costo standard unitario di formazione per studente in corso, cui collegare l’attribuzione all’università di una percentuale della parte di fondo di finanziamento ordinario non assegnata ai sensi della L. 1/2009 (art. 5 comma 3 lettera e)
- previsione della declaratoria di dissesto finanziario, disciplina delle conseguenze del dissesto finanziario, previsione del commissariamento dell’ateneo (art. 5 comma 3 lettere f, g, h)
- delega legislativa per riformare il sistema del diritto allo studio, oggi regolato dalla legge n. 390/1991, al fine di ridefinire i livelli essenziali delle prestazioni e individuare i beneficiari delle prestazioni (art. 5 comma 5)

3) Norme in materia di personale accademico e riordino della disciplina concernente il reclutamento
- Revisione dei settori scientifico-disciplinari assicurando per ogni settore l’afferenza di almeno 50 professori di prima fascia (art. 7);
- Introduzione del nuovo modello di reclutamento attraverso diverse fasi: l’acquisizione scientifica nazionale e le procedure di selezione presso gli Atenei;
- L’abilitazione scientifica nazionale diviene il requisito fondamentale per poter accedere alle procedure di selezione si acquisisce distintamente per settore scientifico-disciplinare ed l’acquisizione è determinata da una commissione nazionale (art. 8, commi 1, 2, 3);
- La selezione per la messa a disposizione dei posti viene formulata da apposite commissioni interne all’Ateneo elette tra i professori del settore oggetto del bando (art. 9);
- La durata massima degli assegni di ricerca è ridotta a 3 anni ed è introdotta l’impossibilità di avere l’assegno di ricerca in contemporanea al dottorato senza borsa come invece oggi è previsto dalla legge n. 449 del 1997 (art.10);
- Viene confermata la figura del “ricercatore a tempo determinato” per svolgere “attività di ricerca, di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti” (art. 12, comma 1);

Presa visione del ddl e dopo averne discusso
- esprime forte perplessità nel metodo utilizzato che non ha visto la minima partecipazione e coinvolgimento reale del mondo accademico in tutte le sue componenti (studenti, docenti, personale, ricercatori) che sono coloro che vivono quotidianamente il mondo universitario;
- esprime altresì forte contrarietà nell’utilizzo dello strumento della delega legislativa come mezzo per riformare importanti settori del mondo universitario, ritenendo il confronto lo strumento migliore per ascoltare e valorizzare le posizioni e le opinioni della comunità accademica;

Per quanto riguarda i contenuti e gli obiettivi del ddl  si rileva:
- che la composizione dei Cda, così come viene ridisegnata prevedendo un 40% di membri esterni, indebolisce il carattere pubblico e autonomo delle Università;
- che la riduzione del Senato Accademico a solo organo di proposta rischia di piegare tutte le scelte in materia di didattica e ricerca alle politiche di bilancio proprio in un momento in cui le difficoltà economiche impongono scelte di razionalizzazione e taglio dell’offerta formativa a causa dei ridotti finanziamenti;
- che la restrizione dell’elettorato attivo ai soli professori ordinari nell’elezione del Rettore priva di un diritto e di un potere democratico e contrattuale una larga componente del mondo accademico in una scelta importante per gli Atenei quale è appunto l’elezione del Rettore;
- che l’istituzione di un fondo per il merito per l’assegnazione di borse di studio e prestiti d’onore attraverso dei test e senza considerare il reddito degli studenti significa contraddire il principio del  diritto studio sancito dall’articolo 34 della Costituzione Italiana;
- che il sistema dell’accreditamento e l’adozione del parametro del costo standard unitario di formazione per studente in corso per la ripartizione di risorse non tenga conto delle differenze degli atenei italiani, immersi in tessuti socio-economici diversi, e porti alla divisione fra atenei di serie A e B
- che il nuovo sistema di reclutamento prospettato dal decreto non risponde all’esigenza di massima trasparenza;
- che l’istituzione della figura di ricercatore a tempo determinato produce una ulteriore precarizzazione dei ricercatori e del mondo della ricerca in genere;
- la previsione di una riforma talmente vasta non può essere sostenuta senza  che non derivino nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, ritenendo che il sottofinanziamento sia uno dei problemi più gravi dell’università italiana;

Considera la valorizzazione del sistema pubblico universitario italiano una risorsa ed una priorità per il paese ed individua come necessità primarie e fondamentali l’aumento delle risorse finanziare per migliorare e sostenere l’offerta formativa, la ricerca ed il diritto allo studio.

Pertanto si chiede al Ministro dell’Istruzione Università e Ricerca ed al Governo

Di non iniziare l’iter di discussione parlamentare del DDL approvato lo scorso 28 Ottobre  e di iniziare una fase di discussione e confronto con tutta la comunità accademica e le parti sociali sul sistema universitario italiano;

1 Response

  1. valentina

    questa proposta, atta a SOCCORRERE, tra le altre, l’Università degli Studi (che si dirige attualmente verso lo sfascio) che l’Accademia di Belle Arti (era proprio ora!), ha la mia massima approvazione :)